Sono tornato ieri da un'esperienza intensa, anche se breve, rispetto ad altri trekking o viaggi. E ho aspettato alcuni anni prima di compiere questo trekking perchè aveva fama di essere duro, rischioso e solitario. Quest'anno, forte dell'esperienza del thrualps dell'anno scorso, del Laugavegur in Islanda di due anni fa e di altri trekking e test fatti nei mesi precedenti, mi sono sentito pronto per questo.
La Translagorai è un' alta via lunga 80 km con circa 5000 m di dislivello positivo che inizia da Panarotta, sopra il comune di Levico Terme fino al Passo Rolle, a ridosso delle bellissime Pale di San Martino, sviluppandosi da sud-ovest a Nord est. A differenza delle aree dolomitiche circostanti, il Lagorai ha pochissima pressione antropica. Sono presenti malghe, qualche rifugio e alcuni bivacchi. I protagonisti sono i giganti di porfido, duro e inospitale, trincee e baraccamenti della prima guerra mondiale e molto silenzio. La mia intenzione era ambiziosa: non solo completare un trekking in solitudine e in autonomia( senza quindi appoggiarmi a nessun rifugio) , ma anche e soprattutto compierlo con lentezza, coltivando la presenza mentale, l'essere qui e ora in ogni momento possibile e il farlo lentamente. Di solito, per la passione che mi prende quando cammino in montagna, inizio a un certo punto ad andare di fretta. Un pò per stanchezza, un pò per una sorta di spinta ad andare avanti ancora e ancora, forse proveniente dall'abitudine col parkour, oppure una sorta di volontà di fuga dal disagio accumulato nei giorni precedenti. Non so e non è importante. Quello che contava stavolta era evitare questa fretta, per non pentirmi, una volta tornato a casa, di non aver vissuto pienamente l'esperienza, come accadde in Islanda.
Una volta presa la decisione di farlo è iniziata la pianificazione. Normalmente tendo a organizzare le cose in modo un pò superficiale e lasciare il resto all'avventura, ma in questo caso avrebbe potuto significare finire il cibo, soffrire il freddo o il caldo, non avere acqua. In sostanza fallirlo. Quindi dopo aver letto qualche resoconto di chi lo aveva già fatto o fallito ho chiesto al buon Lorenzo, la cui casa e palestra è proprio il Lagorai, di darmi tutte le dritte possibili. E' stato molto paziente con questo stalker sempre combattuto tra il voler essere forte e il voler essere ultraleggero. Mi ha dato informazioni sul percorso, sui punti tenda e acqua, sulle criticità del percorso e sulle varianti alte e basse che avrei potuto imboccare in caso di necessità o bisogni ( spiegherò più avanti).
Il secondo grande punto è che in questo periodo Subhuti, il mio amico e coinquilino gatto non sta bene, e un gran peso nel cuore mi ha accompagnato nei primi due giorni di viaggio. Ogni passo era più pesante, la mente vagava e tornava spesso a lui e alla gentile amica che se ne è occupata in quei giorni e che era in sbattimento perchè Subhuti purtroppo bullizza gli altri gatti di casa.
Il terzo punto era la logistica. La Translagorai ( da ora TL) inizia sopra un paesino, che sta sotto un paese, che sta lontano da una città, Trento. E finisce in un paesino di montagna poco servito dai mezzi. Ed io odio pianificare la logistica di partenza e arrivo. Io voglio avere lo zaino pronto e teletrasportarmi da casa all'inizio del sentiero. Fine. Ma questo non è possibile, quindi mi sono segnato mezzi, orari, parcheggi, coincidenze e cambi. Tutti fattori che rompono le balle e che accumulandosi rischiano di rovinare tutto, soprattutto coincidenze di treni e bus. Così ho deciso di andare in auto fino a Trento. Più comodo del treno, per tempi e orari. Ma tutto ha un prezzo e lasciare lì l'auto significa necessariamente doverci tornare a fine trekking. Tutto ciò come scoprirai non sarà un problema alla fine.
Ultimo punto: equipaggiamento e zaino. Il punto più divertente per me che sono un nerd dell'attrezzatura da hiking. In sostanza si può ridurre tutto a un'equazione: avere lo zaino più leggero possibile ma avere tutto il necessario, compreso il cibo per 5 giorni. Se lo zaino pesa tanto ogni cosa diventa più faticosa, le ginocchia si infiammano, l'esperienza diventa più miserabile e rabbiosa. Se lo zaino è troppo leggero rischio di soffrire il freddo e il caldo, la fame o la sete, o di non dormire. Quindi di dover rinunciare prima della fine. Sta tutto lì. Trovare l'equilibrio. Senza fare una lista completa del mio materiale (che è personale e potrebbe non andare bene a tutti) alla fine ho trovato una quadra tra le necessità personali e quelle date dalla natura del percorso. Considerando la completa autonomia elettrica, alimentare, di acqua e una attenta scelta di vestiti e materiale ecc.. il mio zaino alla partenza pesava circa 5 kg. Che diventano 10 col cibo per 5 giorni e circa 11 o 12 in base a quanta acqua avevo. 13 nelle sezioni con meno acqua.
Giorno 1
Dopo una notte insonne (negli ultimi anni ho il sonno sempre più leggero e incostante) sono partito alle 3:30 di mattina da Varese direzione Trento. Lasciata l'auto in un parcheggio gratuito ho camminato fino alla stazione da dove ho preso un bus per Levico Terme e da lì la navetta per la Panarotta. Alle 11 ho iniziato a camminare e lo zaino carico si è fatto sentire. Ma il sentiero all'inizio era scorrevole, poi il panorama superava le mie aspettative. Mano a mano che la giornata andava avanti però la mancanza di sonno ha iniziato a farsi sentire e così i dislivelli. Un pò di nausea e qualche calo di pressione che mi faceva vedere coriandoli neri, mentre salivo in quota e scendevo dalle pietraie, cercando comunque di rimanere presente. Rimanere presente significa anche questo. Iniziare ad accettare la fatica, il disagio, come parte della vita e come una cosa a suo modo da assaporare. Come si apprezza un sapore nuovo assaggiando cibi esotici non ci si sottrae dall'amaro o dall' aspro che questa vita ci offre. A ogni passo fatto accetto quello che offre il menù. Avevo come sfida la presenza mentale anche perchè volevo completare tutto il trekking senza mai prendere una storta ( cosa che invece di solito mi capita, quando sono stanco o di fretta su terreni insidiosi). Questo è possibile, ma richiede uno sforzo costante. Come vivere una giornata qualsiasi con tutti gli impegni della vita normale ma prestando costantemente o quasi attenzione al proprio respiro. Alla fine del pomeriggio la situazione è migliorata un pò e ho percorso 16 km piantando la tenda alla baracca militare dopo il passo Palù. Lunga sessione di stretching e poi doccia e cena. Doccia fatta con una bottiglia, naturalmente. Quella è stata l'unica notte in cui ho dormito quasi bene, alzandomi alle 3 per fare pipì e per vedere le stelle.
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bivacco Manghen, giusto il tempo di una merenda. |
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best pausa pranzo e asciugatura tenda ever. |
Quella mattina, invece del mio solito borbottare e parlare da solo, sono rimasto in silenzio. Mi sono goduto la vista di quei panorami, ma ho anche riflettuto guardando i segni della grande guerra, che qui c'e' stata davvero. Filo spinato, ossa umane, baraccamenti tirati su con sassi a secco per riparare i soldati dal freddo ben 110 anni fa. Chiodi di ferraccio ancora piantati nella roccia, più duri del nostro moderno acciaio temprato. Mi sono immaginato come deve essere stato il rimbombo e le eco dell'artiglieria, qui. qualcosa di impressionante. Avere fame qui. Essere feriti qui. Avere freddo, qui. Con scarpacce di tela e impermeabili di tela cerata.
Poi è iniziata l'infinita, calda e dura discesa che mi avrebbe poi riportato in quota solo a fine giornata. Prima fino al passo Sadole dove dopo pranzo sono entrato in coma per 5 minuti.
Il terzo giorno ho fatto 24 km con circa 2400 metri di dislivello. Morto. Pensavo di avere caldo in quota. Poi sono sceso nel lariceto, che comunque era a 1800 metri, e volevo che mi sarebbe venuto un colpo. Ci si abitua presto al fresco. Sono caduto nel fango cercando di raccogliere acqua da filtrare. Ho superato parecchi alberi caduti che qui non sono stati tagliati per agevolare il passaggio, essendo un sentiero poco battuto.
Poi ho deciso di mettere un pò di musica. Erano le 18 e stavo camminando dalle 6 di mattina. Mi sono voltato a sinistra. Un albero dalla forma particolare sembrava un obelisco eretto in onore di una nuvola, traslucida, la cui cuspide sembrava volesse toccarlo. Il sole era dietro l'albero. E nel telefono è partita la canzone del padre di De Andrè. E' stato un momento mistico.
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segni della grande guerra |
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Bivacco Nadia Teatin. |
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Cima d'Asta al mattino. |
Giorno 4
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Poi di nuovo una discesa in una valle senza nome dove a tratti si apriva, per poco, il paesaggio mostrando il fondo valle. Molto taoista. Poi una nuova salita fino alla forcella Valcigolera. Torrenti tranquilli dove ho attinto acqua. Pensieri che andavano e venivano. E naturalmente nessuno intorno per tutto il giorno. A Valcigolera mi sono fermato un attimo anche per prendermi cura dei piedi, che stavano diventando un hot spot unico.
In quel momento ho provato a togliere il telefono dalla modalità aereo per mandare un paio di messaggi, dopo due giorni senza connessione. C'era il 4G, incredibile. E appena connesso mi è arrivata una chiamata da un call center. non esiste pace neanche dentro una nuvola a 2400 metri sulle Dolomiti.
Così ho deciso di continuare a camminare fino a quando avrei trovato un posto decente dove piantare la tenda. Ho raggiunto infine l'ultima, l'ultimissima forcella di questo trekking. Tra le nuvole pesanti si intravedeva la strada del passo Rolle e un pò mi sono commosso. Ma stava iniziando a piovere. Proprio mentre ero in mezzo a una vecchia pietraia. Vecchia è bene perchè significa che 1 è assestata e praticamente ferma, 2 negli anni si è accumulata un minimo strato di terra, che ha permesso la formazione di un substrato adatto all'erba. Ho trovato un angolino di prato tra alcuni sassi e lì ho piazzato la mia tendina, su terreno tutto storto. Ma meglio di un calcio in bocca.
Erano solo le 16 e fuori dalla tendina pioveva. Niente da fare se non far fuori tutto il cibo rimanente, leggere e aspettare. Un'opportunità in più per coltivare la presenza, che in questo significava solo annusare me stesso e i miei vestiti unti e sporchi di 4 giorni di trekking e ascoltare le gocce di pioggia battere sul dyneema della tenda. Ho dormito un pò un sonno interrotto spesso dalla pioggia o dallo scivolare fuori dal materassino in pendenza.
Giorno 5
Ho letto un romanzo e dormicchiato fino alle 3 del mattino. alle 4 ho fatto due calcoli e ho immaginato di arrivare, camminando con estrema calma, al passo Rolle per le 6 e mezza, poco prima dell'alba. Perfetto. Così ho sbaraccato la tenda e rifatto lo zaino, poi ho provato a meditare ma ho resistito solo 5 minuti. Anche qui il corpo e la mente fremevano. Sono partito. E lì l'errore. Dopo quasi 80 km e circa 120000 passi, ho preso una mini storta praticamente al primo passo fatto. Niente di grave ma ho visto sfumare il mio obbiettivo delle zero storte. La causa è semplice. Non il buio, che ancora avvolgeva la pietraia. Non il terreno bagnato. Ma la mia distrazione. Non ero presente, ho iniziato a camminare distratto. Ed ecco una lezione istantanea. Mi sono fermato. Ho guardato il cielo, poi i miei piedi. E ho detto ad alta voce: "ok, ho capito. Lezione appresa". E ho ricominciato a camminare con presenza. Giù per una pietraia buia e bagnata, con in lontananza quelle che immaginavo fossero le leggendarie Pale di San Martino, anche se nascoste dalla notte e dalle nuvole. Ne intravedevo qualcosa dei contorni.
Mancava più di un'ora al primo bus della giornata, e senza crederci assolutamente ho provato a tirare fuori il pollice in cerca di un passaggio. E incredibilmente la prima auto che è passata si è fermata a darmi un passaggio. Trail provides, davvero. Un passaggio veloce fino a Predazzo, da dove, dopo una colazione al bar, ho preso il bus diretto che mi ha riportato a Trento. Mentre scendevo dalla val di Fiemme guardavo alla mia sinistra, lontano, il Lagorai che avevo appena attraversato. Sembravano così alte e lontane! Sono arrivato a Trento dove i 28 gradi che c'erano mi sembrano almeno 38. La mia auto era ancora lì, intera. Tre ore dopo ero di nuovo a casa.
Un esperienza dura, bella e ruvida. Come il porfido della catena del Lagorai.
Ps: statistiche di questa Tranlagorai:
Zecche prese: 0
Storte prese: 0,5
km percorsi:83
Passi fatti: circa 120'000
Dislivello totale: 4900 positivo e 4700 negativo
Passi compiuti con presenza: almeno 3/4.
Litri d'acqua consumati: 16
Animali avvistati: una rana e una decina di marmotte.