domenica 11 ottobre 2015

Pellegrinaggio a Lisses-Evry 2015

Ho esitato a scrivere queste riflessioni perchè attendevo di sentire davvero di aver compreso il messaggio che mi è stato trasmesso. Questa sera mi piace credere di averlo capito. Grazie ad un precision che guardavo da diversi mesi.

Questo post tratta del viaggio che ho letteralmente sognato per anni, come molti di voi: il pellegrinaggio a Lisses ed Evry. E non racconterò tutti i particolari. E avviso che ballerò coi tempi verbali come faccio sempre quando parlo di esperienze passate. mettetevi il cuore in pace.

Primi due giorni a Lisses
Solo la mia fidata tisana può aiutarmi a radunare i pensieri e i numerosi ricordi. Ma partiamo.
Desio, ore 03:10 di una notte di agosto. Non sono riuscito a dormire e sul balcone di un condominio guardo le luci della città chiedendomi come sarà, cosa succederà, se riuscirò a fare quello che voglio. E chiedendomi, ora che sto finalmente partendo per il viaggio che sogno da anni che significato ha per me. Lascio perdere questi voli pindarici e ricontrollo lo zaino. Leggo, aspetto, bevo caffè, arrivano le 5 e si parte per Orio. Là trovo il primo della compagnia dei disperati dormire in aeroporto stringendo a sè il bagaglio a mano. Mi siedo vicino a lui e aspetto che si svegli. Poi arrivano  uno dopo l'altro gli altri. Attesa, stanchezza. Si parte.
Voli, attese, informazioni, bus, attese, informazioni, attese, cibo, domande, treni e bus. Dopo una giornata a vagare per Parigi arriviamo alla stazione di Evry.
Senza fiato riconosco subito dettagli visti migliaia di volta nei video su youtube. Dettagli insignificanti di sbarre che ricordavo ballassero da un video visto 6 anni prima, un drop in quell' angolo fatto da Vigroux, un kong di là fatto da David, e la cattedrale di Evry. Siamo davvero qua.
Troviamo davvero Yann ad allenarsi solo. Cioè troviamo dei tricipiti che parlano. Ma siamo troppo stanchi e dopo averlo salutato cerchiamo l'hotel. Doccia. Mi ricarico un attimo e poi andiamo in cerca della gloriosa signora, pensiamo che sia qui nei dintorni.


Compare da dietro la strada la cima poco prima del tramonto, prima la puntina, poi lentamente avvicinandoci ed entrando nel suo parco ecco davanti a noi la dolce signora.  Sono qua. 
Sono davvero qua? stento a crederci, ma non mi metto a saltare e a urlare dalla gioia. Resto silenzioso, mi sento un pò smarrito a trovarmi realmente qui e vedo che anche gli altri hanno sentimenti simili. Ci avviciniamo per vederla da vicino, per toccarla. Salgo subito fin dove riesco e la accarezzo. Può sembrare stupido nutrire tale rispetto e affetto per del cemento, ma per me come per molti altri la Dama ha un valore, anche solo simbolico, enorme.

Torniamo in hotel per ora, domani comincia davvero la nostra avventura.
 Il secondo giorno dopo il nostro arrivo siamo andati un pò in esplorazione del borgo di Lisses, vedendo quanto in realtà fossero cazzute le cose che sembravano alla portata,  osservando con attenzione il luogo dove sono nate alcune delle radici della nostra pratica e provando. A fine giornata siamo tornati in Dama, e mi sono reso conto di quanto fosse pù dura del previsto. Ma un obbiettivo importante del mio viaggio è stato non lasciarmi andare allo sconforto, alla negatività, così per quel giorno ho spento il cervello e mangiato il pessimo cibo ( per chi era con me dico solo una parola, sufficiente a rappresentare il male :POULET) del carrefour di evry prima di sognare e ripartire.

I quattro giorni del cambiamento con Yann


Credevo che il mio viaggio sarebbe stato tutto un "guarda, facciamo, vediamo ecc", mentre fortunatamente le mie aspettative sono state superate dalla realtà. Abbiamo avuto la fortuna e l'onore di poterci allenare, di poter vivere al fianco di Yann Nhautra per quattro giorni, dividendo sudore, cibo, dello schifoso caffè annacquato e molti sguardi limpidi, sinceri. Ma davvero. 
"Faremo DELLE quadrupedie, del lavoro tecnico, dei salti da rompere, dei percorsi. Poi pausa caffè e nel pomeriggio stessa cosa". Quando ci ha detto così ci siamo guardati smarriti, come bambini, poi scrollando le spalle lo abbiamo seguito per quattro giorni. Il primo giorno ci sembrava di morire,ed era solo l'ora di pranzo. Ah già.  Mi sono dimenticato di dire che per quattro giorni abbiamo mangiato per pranzo dopo le sessioni infinite con Yann sempre una cosa, perchè costava poco ed era vicino alla cattedrale.

kebab.kebab. kebab. kebab.
Con patatine fritte. 

 La gioia dei racconti di gioventù di Yann però ci ha ripagati di tutto il colesterolo. Esperienza impagabile quasi quanto gli allenamenti con lui. Poi il dramma.
Durante il lavoro tecnico nel pomeriggio del secondo giorno con lui Yann ci ha proposto dei breaking jump a prima e seconda vista davvero improponibili. E non mi spiego ancora bene in che modo, guidandoci, fidandosi di noi e noi di lui abbiamo iniziato ad approcciarli seriamente. E questo è stato uno dei giorni più duri della mia carriera di praticante. Dopo un lavoro mentale intenso, varie prove, un vero e potente kiai, ho chiuso uno dei salti proposti da lui. Una volta. Poi il tilt. La stanchezza dei 3 giorni precedenti, dell'allenamento mattutino,  lo sguardo dei miei compagni che mi sentivo addosso pesanti come macigni, la loro benevola aspettativa che anche io riuscissi come loro mi ha spezzato. Mi sono dovuto allontanare e sono scoppiato a piangere. Mi sentivo un fallito. Qui, dove il parkour è nato, in compagnia delle persone migliori in cui potessi sperare, persino qui fallisco. Crollo nervoso. Non riesco a stare al loro passo, mi grido dentro domande assurde del tipo " cosa mi sono allenato a fare tutti questi anni se poi mi blocco?!" e altre ancora più stupide.  Dopo qualche tempo sono tornato, ma per me la giornata era finita.  La sera ci siamo trovati ancora col master davanti a caffè e gelati, e vedendomi silenzioso mi ha fatto chiedere ( traduzione dal francese all'inglese e dall' inglese all' italiano di Matteo e Marcello) cosa avessi. non sono riuscito più a trattenermi e gli ho detto come mi sentivo. Qui purtoppo non sono più in grado di spiegare dettagliatamente tutte le discussioni avute con Yann nei giorni di viaggio, poichè numerose, lunghissime e alcune troppo personali, ma in quella occasione mi ha risposto che mi vedeva simile a lui, in certi aspetti, e che si tratta fondamentalmente di scelte.

Scelte 
e di non  fare paragoni con gli altri. E di capire cosa è importante per me, cosa voglio fare della mia vita. Cosa voglio fare della mia pratica. Ma mi bruciava troppo ardente la sensazione di fallimento e quella sera l'ho ascoltato appena, anche se lui parlava col suo cuore aperto davanti a noi, per noi. Scrivo ora questo post perchè solo adesso comincio a comprendere. In ogni caso il giorno dopo mi sono sentito meglio e la mattina all'alba sono andato, mentre gli altri dormivano il sonno dei giusti, a passeggiare al parco della Dama. ...Cammino e cammino mi viene un pensiero: Forse è più importante dialogare coi problemi, ascoltare cosa hanno da dire piuttosto che sbatterci contro a testa bassa e schiumando di rabbia. Forse non ero pronto. Forse ero stanco. Forse la aspettativa che mi sentivo addosso mi schiacciava. Una battaglia persa non è una guerra persa. 
E non desidero più che la mia pratica sia una guerra.
E poi un altro giorno con Yann. Queste persone, questo viaggio, questi luoghi mi hanno cambiato. ma starà solo a me capire se in meglio o in peggio. Dentro di me ho tutti gli strumenti necessari a spingere, a stare bene, a tenere più drop di quelli che credo, più  quadrupedie di quelle che il mio corpo suggerisce, e molte più ore di allenamento consecutivo e giorni consecutivi di quelli che pensassi.

Ultimo giorno: La dama.

L'ultimo giorno è stato di lavoro nel quartierino di Lisses, ma avevo in mente solo lei. Se non riuscirò a salirla come potrò tornare a casa? Ma è davvero così importante salire fino alla cima? Cosa significa per me la Dama? 
queste ed altre domande inutili affollavano la mia mente durante il pranzo sotto al salice di fronte alla dama silenziosa. poulet tanto per cambiare. Ma almeno un pò di frutta. A fine giornata  ho deciso di provarci. ancora. Dico ancora perchè nei giorni l'avevo già approcciata, ma con scarsi risultati, mentre tutti gli altri salivano e scendevano allegramente.  Quella sera, poco prima del tramonto mi sono incamminato ancora fino alla base, salito tranquillamente fino al punto x ( il punto dove ho continuato a bloccarmi per altezza, pendenza, curva del muro e mancanza di appigli) fino a quando, con le urla degli altri, ma nella mia testa da solo, ho spinto e allungato le mani sudate e la volontà fino al fungo finale, muscle up e su. 

      Ero in cima alla dama.

 forse solo un simbolo, forse un rito di iniziazione, ma per una volta nella vita ho potuto sentire cosa prova un alpinista che arriva in cima alla montagna della sua vita. Silenzioso mi inchino .

 Non esistono  momenti  banali.
Poi ho capito che non si tratta di simboli, di vittorie o sconfitte, ma solo ed unicamente di scelte. Citando sia me che Marcello che Yann: Ieri eravamo in una macchina del tempo. Oggi era più che mai presente. La via della realizzazione è difficile da seguire, ma i nostri corpi cambiano, vanno avanti, e le nostre menti rimangono indietro. Qualcuno sentirà il proprio corpo nel 2015 e la mente nel 2010. Sbagliato.
Tutti gli strumenti sono pronti nel corpo, quando cresce. Il vero obbiettivo? mancato molte volte, perchè usiamo delle lenti sbagliate. Ogni giorno possiamo  fare cose al livello del nostro potenziale. perchè? perchè ne siamo in grado. Semplice. Ma non facile. Non dobbiamo aspettare. Aspettare cosa? Il nostro corpo è pronto. Si tratta si scegliere. Guarda, scegli. 
Faccio.
Non faccio. 
Non piangere,  non arrabbiarsi, non parlare,  solo fare e tornare a risolvere tutti i problemi non ancora risolti. Ancora e ancora. Si tratta di scegliere come vuoi che sia la tua vita."


Grazie a me per le scelte ma anche grazie agli altri che mi hanno aiutato a capire di poter scegliere. 










 





sabato 11 aprile 2015

Netero

Non scrivo da un bel pò, ma se non lo faccio è perchè ho deciso di smettere di scrivere nobili pensieri per poi applicarne un decimo. Ora infatti scrivo perchè non sto applicando e forse rispolverare questo vecchio diario può tornare utile per ricordarmi cosa  devo fare.
Non sto a elencare in cosa sono cambiato quest'ultimo anno e come è cambiata la mia pratica. ma siamo cambiati entrambi. La lezione che oggi butto giù e che voglio tenere in mente mi è stat impartita da un vecchio amico di poche parole e molti fatti e  che coi fatti dimostra la propria saggezza. In breve: la mia tecnica si sa che è quella che è, e se lascia a desiderare è colpa mia. Mai sentita cosa più ovvia e banale, no?


                                                           NO.


Non è affatto una cosa ovvia, quando, vedendo un precision che credevo impossibile per le mie capacità, l'amico Netero mi spinge a farlo con quella sua ironia semplice e genuina che odio/amo,  che mi fa sentire così debole per ciò che sono e potenzialmente così forte per cosa potrei fare, se solo mi impegnassi. La parola chiave qui è PASSIONE. Ho chiamato questo amico Netero perchè dopo aver fatto una quindicina di volte al livello 2( stesso precision del livello 1 ma un pochino più alto, quando pochi minuti prima credevo di non poter fare neanche l'uno) siamo andati a stretchare e mi ha raccontato questo episodio di un anime che segue. La passione ha spinto Netero a ritirarsi per molti anni e ad allenarsi da solo, raggiungendo per l'amore delle arti marziali ( e non per i video, la gloria, l'ammirazione ) e senza essere spinto da nessuno  gli spaventosi risultati cui è giunto. Io ho accettao con un pò di dispiacere ( ma non in via definitiva) che a volte mi serve farmi spingere per raggiungere un certo risultato. Ma al mondo siamo soli. E non possiamo sempre confidare in qualcuno che ci inietti fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità, dobbiamo trovare dentro di noi la forza per superare quella paura,almeno ogni tanto. Pena l'incapacità di gestire autonomamente la mente, il corpo e quindi la nostra intera vita. Il breaking jump è la metafora perfetta. Ha più valore se siamo soli a farlo, ancora di più se la telecamera è spenta, ancora di più se non crediamo affatto di poterlo fare ma alla fine lo facciamo. Ed è una così grande e intima soddisfazione che siamo quasi restii a raccontarlo, ci sembra di raccontare a uno sconosciuto un segreto, poichè abbiamo raggiunto qualcosa che  pochi momenti prima sembrava impossibile con le nostre sole forze. Da soli, in quell'angolo di strada, nel parco vicino casa coi vetri in giro, e dove i passanti non vedevano nulla noi abbiamo combattuto una battaglia e l'abbiamo vinta. Il tramonto sembra quasi più dolce, nello stretching di quel giorno, quasi a baciarci per farci un complimento. Ma mi sale un barlume di consapevolezza. Oggi quel salto sono riuscito a farlo solo perchè c'era lui ad aiutarmi. Non è che abbia realmente meno valore quel salto solo per questo motivo, ma mi fa comprendere quanto da solo sia, almeno a volte, arrendevole, prigro a non perfezionare un movimento ripetendolo ancora e ancora. Quanto poco controllo abbia effetivamente sul mio corpo, sulle mie scelte, sui miei movimenti. E Tanto basta. Ho scelto di scrivere oggi solo per ricordare a me stesso quanta strada c'è ancora da fare e quanto può essere bello farla. Insieme o da soli. A presto.



>>>>>netero epic training <<