mercoledì 28 luglio 2021

Le fragili ali di Icaro




Questa riflessione parte dalle dichiarazioni di alcune atlete professioniste che stanno gareggiando alle attuali olimpiadi di Tokyo 2020, che, schiacciate dalle aspettative e dallo stress da prestazione, si sono ritirate  ( come Simone Biles, la ginnasta più decorata della storia) o altri atleti che hanno affermato di non farcela più. Ovviamente la mia riflessione porta alle competizioni nel parkour, dato che la competizione è l'eterna parola che sta sempre tra sconfitta e vittoria, al di là del risultato personale, e che porta inevitabilmente al grande demone del nostro tempo, lo stress. Simone Biles si ritira da quello che dovrebbe essere il più grande sogno per un atleta, l'olimpiade, perchè ha dichiarato di "avere i demoni nella testa". Sicuramente ci sono molti atleti professionisti che non hanno problemi a gestire questa pressione, ma se anche se a uno (non uno qualsiasi, quando si parla del livello di Simone o di Naomi Osaka, tennista numero 2 al mondo ritiratasi anch'essa per la troppa pressione sociale data dall'essere stata costretta a difendersi nelle conferenze stampa) succede significa che qualcosa non va. Quello che presto succederà nelle competizioni di parkour (che già succede a livello di infortuni di fronte a folle urlanti) per ora è apparentemente assente, o nascosto dietro sorrisi e dichiarazioni di appartenenza a comunità,  di competizioni amichevoli e di "giochi". 
Lo sport potrebbe essere una forma di educazione straordinaria, ma indipendentemente dalla disciplina dobbiamo capire di che sport si tratta. E non parlo di quale disciplina, ma del livello. Chiaramente le olimpiadi sono il massimo dello stress possibile, a volte insopportabile, ma quello che preoccupa me è il livello in cui lo sport dovrebbe essere per tutti. Già vedo ragazzini sotto pressione perchè non riescono a fare subito quello che fanno i pro, gli influencer, o i praticanti più esperti intorno a loro. E nessuno che gli dica di divertirsi. Questo  non significa non si debba mirare a un miglioramento, ma fa capire quanto poca educazione allo sport ci sia nel nostro paese, tutto teso verso la perfezione. O si è campioni o si è invisibili. Esisti se performi, soprattutto nell'epoca di Instagram. Altrimenti sei semplicemente non ci sei. Se negli altri sport sono i genitori a spingere i figli all'essere i migliori a ogni costo o a fare mille attività, nel parkour penso siano i social oggi a fare da genitori ansiosi. Mi ricorda sembra quella di  Dedalo che spinge il figlio Icaro a volare in alto, tanto da far sciogliere la cera perchè troppo vicino al sole e precipitare. Forse per le persone più serene e critiche questa pressione non supera il bisogno di ascoltarsi, ma non è così per tutti.  Nelle competizioni di parkour c'è necessariamente uno standard cui attenersi, sia esso numerico, cronometrico, estetico o di altra natura. E se ci si sottomette a uno standard non c'e' spazio per l'ascolto e il dialogo interiore. Molti sportivi (e non solo sportivi, ma persone impegnate in attività o in carriere importanti di fronte al rischio del fallimento hanno trovato una soluzione che anche nel parkour è presente. Sostanze rinforzanti, eccitanti...o doping. Quello che è successo a queste atlete secondo me deve far riflettere sul bisogno di equilibrio tra vita lavorativa e vita privata, tra performance e gioia della pratica, tra il bisogno di ascolto interiore e la pressione a rimanere sempre connessi ed esposti.
Io non sono contro le competizioni. Fin da piccolo ho amato guardare le olimpiadi, gli opens, i gala. Le gare sono una figata. Quasi tutte le discipline mi appassionano. Ma sono ancora convinto che il parkour/ADD sia di una natura diversa. Un percorso intimo. Che può e deve includere il confronto con gli altri oltre naturalmente che con se stessi. Ma superando la barriera del confronto entrando nel mondo della competizione l'ascolto interiore verrà annullato, sottostando alla misurazione di tempi, di standard qualitativi o quantitativi e attraverso misurazioni oggettive.
Sta diventando quella che definisco "Pratica a cottimo". Più grosse sono le cose che fai più guadagni. In ego, followers, money, approvazione, views. Fate voi.  


Io sono ancora convinto che per migliorare serva l'opposto della competizione. 
La cooperazione.