domenica 13 novembre 2022

3000

 Poche parole e qualche  immagine per questa avventura. Avevo programmato una semplice passeggiata in una zona di montagna che non avevo ancora esplorato, senza alcuna aspettativa. Poi camminando mi sono trovato davanti a questa cima che mi chiamava, e ho deciso di raggiungerla toccando così il mio primo 3000. Bettelmatthorn, 3044 mt nella selvatica Val Formazza.  Oltre alla severità dei paesaggi e al silenzio ho provato sensazioni simili a quelle provate affrontando la Dama del Lago. Euforia, paura, gioia salendo e preoccupazione nella discesa, Con 30 cm di neve marcia e non avendo nè ghette nè ramponcini. Ma ne è valsa la pena. Questo è un post di parkour. La mia pratica passa senza dubbio anche da queste esperienze. 


















sabato 5 novembre 2022

La via della Lana e della Seta

 Era dal cammino di Santiago che non camminavo così tanto, ma l'esperienza che ho appena concluso è decisamente diversa da come fu quel cammino.  Ho scelto di fare un percorso diverso, meno battuto ma comunque ricco di storia, cultura e paesaggi: La via della lana e della seta, che collega Bologna a Prato per 120 km anche se ho preferito iniziare da Sasso Marconi, eliminando una ventina di km di strada non bellissima.  Come sempre, per quanto riguarda cammini e trekking non farò una sorta di guida, ma condividerò le mie emozioni e quello che ha rappresentato per me questo viaggio.


Redenzione

Da alcune settimane il ginocchio che mi ha sempre dato problemi ha cominciato a dolere seriamente, tanto da svegliarmi mentre dormivo e farmi camminare a fatica, figuriamoci fare parkour o escursioni.. Il mio umore era pessimo perchè non sono ancora in grado di tenere separato il mio stato d'animo dalla mia condizione fisica, soprattutto quando si tratta di dolore, un dolore continuo. Però si stava avvicinando il ponte del 1 novembre e non volevo nè sprecarlo stando a casa nè potevo allenarmi come volevo. Allora ricordando un sentiero che ha fatto qualche mese fa un mio amico ho deciso di farlo anche io, contro ogni buon senso. Ti fa male il ginocchio tanto da non camminare e vuoi andare in montagna a camminare con un zaino carico per giorni? 

Si. Farò questo cammino come redenzione e uscita da un momento spiacevole. E in ogni paese che attraverserò avrò una possibile via di fuga per prendere un treno o un pullman e tornare a casa. Così mi sono detto. 


Organizzazione e partenza 

Nei giorni precedenti ho cercato di capire un pò le caratteristiche del percorso che avrei fatto e l'equipaggiamento necessario, stando attento a portare il minimo necessario per stare il più leggero possibile. La via della lana e della seta è un percorso di 120 km che inizia a Bologna e finisce a Prato. Attraversa valli e montagne dell'appennino tosco-emiliano. E' più o meno parallela alla via degli dei (che è di 130 km) ma la VLS ha più dislivello e salite più ripide. E' più selvaggia, attraversando per molti chilometri boschi isolati e pochi paesi ed è moolto meno frequentata, il motivo principale che me l'ha fatta scegliere. Volevo la tranquillità, la solitudine e il silenzio.  Non avevo idea di quanto tempo di avrei messo viste le condizioni del ginocchio, ma non avrei potuto metterci più di 5 giorni, dovendo tornare a lavoro il mercoledì. Avrei dovuto darmi una mossa considerando che il cammino è diviso in 6 tappe. 

Il cammino passa in mezzo a zone che sono state protagoniste sia degli scambi commerciali di lana e seta nei secoli scorsi sia di battaglie ed eccidi della seconda guerra mondiale. Questo aspetto mi ha colpito molto. Passando anche per la Via Gotica il cammino rende memoria alle tristi storie di resistenza e di stragi da parte dei nazi-fascisti, di battaglie sanguinose sul Monte Sole e Casaglia, permette di fermarsi a leggere le  targhe celebrative di soldati canadesi, australiani, sudafricani che hanno salvato vite di paesani durante i feroci scontri.  Bandiere che ondeggiavano piano nel vento mattutino con lo sfondo degli appennini.  

Avrei fatto questo cammino in totale autonomia, che significa tenda da campeggio e cibo per almeno 4 giorni.


Il Carlino, lo zaino compagno di molte avventure, così chiamato per la sua forma slanciata.

Dunque ho preso al volo i biglietti del treno (solo l'andata, perchè non sapevo quanto ci avrei messo ad arrivare e non sapevo neanche SE sarei arrivato a destinazione) e sabato mattina alle 4 30 sono uscito di casa. Varese>Milano>Bologna>Sasso Marconi, dove alle 9:30 sono arrivato e ho iniziato subito a camminare. 

Giorno 1 (Sasso Marconi- poco dopo Grizzana Morandi)

Non sono abituato a questi panorami. Non le lunghe salite delle mie Alpi, ma continui sali scendi su colline assolate e coperte di querciette. Collina dopo collina le gambe prendono un buon ritmo, ma lo zaino è davvero pesante per il molto cibo e la scorta d'acqua ( tutto è secco e ho portato il filtro per niente, non si trova neanche un rivolo d'acqua ) e fa molto caldo. Quando Il caldo inaspettato mi incolla le gambe metto gli auricolari  e con un pò di musica si riparte che è un piacere. Gli spazi sono ampi perchè non sono cime maestose quelle che ho intorno, ma in lontananza vedo altre montagne più alte. Monte Cimone, monte Prado da un lato e Monte Adone e le lontane e lente pale eoliche del monte Galletto dall'altro. Cammino con le sopracciglia corrucciate perchè mi sto chiedendo  _"come mai il ginocchio non fa malissimo? E' perchè sto portando la ginocchiera di supporto o perchè sto facendo qualcosa che amo e il corpo mi manda endorfine?" 



Ma dopotutto non ha importanza. Cammino leggero perchè cammino piano, ascoltando le sensazioni, fermandomi ogni tanto a osservare l'inizio del foliage autunnale tra castagni e querce, nel silenzio perfetto interrotto ogni tanto dai lontani spari dei cacciatori. 

infine verso il tramonto mi sono fermato su una collina fuori dal paese di Grizzana Morandi, da dove ho potuto godermi le ultime luci del giorno, stretchare come investimento per il giorno dopo, cenare, e alle 7 e mezza ero già nel sacco a pelo.  




Giorno 2 (Grizzana-Spinareccia)

Dopo quasi 10 ore di sonno ero come nuovo. Cioè nuovo no. Le gambe sono un pò di legno ma non è impossile camminare. Poco prima dell'alba mi sono alzato in fretta e ho fatto rapidamente colazione. incredibile come, quando dormo fuori, appena mi sveglio sia perfettamente attivo e pronto all'azione, senza la fatica di alzarmi che ho solitamente a casa. L'aria fresca  si stava già intiepidendo, ho preparato la colazione mentre la poca condensa sul sacco a pelo si asciugava. alle 7 e mezza ero già in cammino verso la seconda tappa. Oggi mi aspettano grandi saliscendi, giù per Collina, Burzanella, e altri borghi, tra colli macchiati di cespugli spinosi che mi ricordano il cammino di Santiago e strade che si scaldano rapidamente mentre avanza il giorno. Nel pomeriggio sento finalmente il gorgogliare dell'acqua: mi è bastato non sentire acqua scorrere per un giorno per sentire la mancanza di quel suono. Seguo il torrente fino al lago di Santa Maria, da cui parte ripido il sentiero tra i castagni che porta a Castiglione dei Pepoli. Dopo un caffè in un bar riparto subito perchè voglio fare più strada possibile. Esco dal paese e continuo a salire fino al rifugio Ranuzzi. La signora del bar è stata la prima che ho sentito parlare con l'accento toscano, significa che mi sto avvicinando al confine di regione. Superando il rifugio Ranuzzi intravedo finalmente i cari faggi e poi ricomincia la discesa dall'altra parte della montagna, rivedo così i monti della via degli dei. La luce continua a calare ed io continuo a scendere iniziando a darmi un'occhiata intorno per capire dove potrei mettere la tenda. Sono un pollo. Mi sono dimenticato che la notte precedente c'e' stato il cambio dell'ora e adesso, convinto di avere ancora 2 ore di luce non mi sono accorto che non mi resta molto tempo per trovare un posto tenda, se non voglio camminare al buio nel bosco con la torcia frontale. Fuori da Rasora, tra alcune case abbandonate trovo un prato già fradicio di rugiada e alle 17:00 mi fermo che è quasi buio. Gli ultimi km li ho fatti sentendo un fastidio all'interno coscia, e controllando scopro di avere una brutta irritazione da sfregamento. L'ho sistemata come potevo con del leukotape (mossa di cui mi pentirò quando domattina sarò costretto a farmi una ceretta non voluta) e ho pensato a rilassarmi. 
Ma non ho voglia di fare stretching, e non ho neanche fame. Mi butto in tenda e aspettando che mi venga un pò di appetito mi faccio una camomilla e mi massaggio con un bastoncino i muscoli delle gambe e faccio dello stretching poco convinto. Ma so che è quello che mi permetterà di camminare domani. Alla fine quando è già buio pesto mangio qualche cracker con del concentrato di pomodoro e provo a leggere un pò , per rilassarmi e dormire. Non dormo molto, sono così stanco che il sonno è agitato. In compenso c'era una bella stellata, sopra di me. Giove si intravedeva attraverso la tenda. 
Gufi e allodole vocalizzano forte a pochi metri da me. Non sono abituati ad avere gente intorno tra quelle case abbandonate.

Giorno 3 (Spinareccia-Prato)

Ok. Oggi le gambe fanno davvero male. Non sono neanche doms, è proprio il male viscerale e profondo di quando si cammina tanto. Ai tempi di Santiago, quando al decimo giorno facevano così male da non riuscire a dormire lo avevo chiamato i "doms all'anima", perchè sembra che venga dalle ossa il dolore. Ho dormito poco perchè il prato pur essendo morbido era tutto bozzi e buchi ma era l'unico punto in piano e per risparmiare peso ho portato solo il materassino di schiuma. Ciononostante sono sereno.
 E' ancora buio fuori. Davanti alla tenda avevo già lasciato pronto fornello e pentolino pronti per la colazione Fuori è  ancora buio.  mi accorgo che il prato è fradicio quando appoggio un braccio a terra per salvare il pentolino pieno di caffè che si stava ribaltando. La colazione è salva. Ci sono ancora gli allocchi e le civette che cantano. Finita la colazione sbaracco al volo tenda e tutto. Una bella lumaca mi è entrata nelle scarpe. Mentre sistemo rapidamente per scaldarmi mi viene in mente un'idea assurda. alle 6.40 schiarisce e sto già camminando tra antichi ed enormi tronchi di castagno. Da me di così antichi e vivi non se ne trovano quasi più. Alla base di uno di questi grandi castagni trovo anche una porticina, la casa di qualcuno:





Poco dopo continuando a camminare tra i castagni passo il confine tra Emilia e Toscana. Niente di che, ma mi ha emozionato vederlo perchè mi ha dato il senso della distanza che sto coprendo quasi quanto il vedere durante il giorno il panorama che cambia e le montagne sulle quali ero ieri mentre spariscono all'orizzonte. Si scende fino a fondovalle dove finalmente, costeggiando per alcuni km un torrente ho potuto sentire freddo per la prima volta, la mattina. E' bello quando una sensazione considerata spiacevole come il sentire freddo si fa spazio in noi dopo aver tanto sofferto il caldo e mi mancava. Qui appoggiando un attimo lo zaino a terra per imboscarmi e fare bisogni vari ho notato che uno spallaccio sta cominciando a scucirsi. Sapevo che sarebbe successo prima o poi ma credo comunque che a sto giro sopravvivrà fino alla fine del viaggio. 
Dopo aver attraversato l'abitato di Montepiano inizia la salita che passando in cresta (sempre tra faggi e castagni) continua per alcuni km di isolamento. Qui, prima di un bivio che mi permetteva di scegliere tra la variante bassa e alta mi sono seduto un momento per mangiare il mio bombolone e per mettere le lenti a contatto. Fortunamente ripartendo ho scelto, nonostante sapevo che avrei fatto più fatica, la variante alta. Devo ringraziare Francesco per la sua traccia gps. Perchè dico fortunato?
Perchè al passo Crocetta, in cima alla variante alta, mentre stavo ascoltando della musica, ho avuto un momento di illuminazione, di Satori, di grazia, di epifania. Non saprei come definirlo. Le foglie sembrava cadessero per me, quando mi giravo a guardarle. La luce calda filtrava tra le foglie di faggio e castagno con tinte arancio, rosa e rosso.
In quel momento mi sono fermato e ho sentito lo sciogliersi della divisione che separa me, che osservavo, da quello che osservavo. E' durata pochi secondi quella sensazione... ma so che per un attimo "mi sono reso conto". Non ci sarebbe altro modo e non può esserci altro modo per definirlo a parole. Quindi dopo aver quasi pianto ho proseguito lungo il cammino, su un tappeto di foglie secche che cantavano come usignoli.


Scendendo col cuore traboccante di serenità copro un pezzo di cammino sulla strada, per ricaricare l'acqua che stava finendo ma sono sfortunato. La fonte segnata sulla mappa è secca.  Superando il memoriale ai soldati americani sulla linea gotica mi sono fermato un secondo ad ammirare ancora il panorama, appoggiato a terra lo zaino e togliendo la camicia per farla asciugare: l'aria è calda, ma profuma di autunno pigro e svogliato ad arrivare, come se l'estate avesse dato un'ultima spallata per farsi vedere. In lontananza nell'aria tremula intravedo il lago di Bilancino. Non so so ancora cosa mi aspetta davanti ma il passo scorre bene. L'idea folle che ho avuto stamattina iniziando a camminare così presto è la possibilità di non fermarmi oggi ma di arrivare a direttamente a Prato. Il che significherebbe camminare quasi ininterrottamente per tutto il giorno fino a sera inoltrata e coprire 40 km, qualcosa che non ho mai fatto. Poi scendendo dall'ennesimo colle giro l'angolo e dietro una casa abbandonata  vedo una ragazza seduta. Si alza di scatto quasi spaventata nel vedermi: è Sara, la prima camminatrice che come ma sta facendo la via della lana e della seta. Ci presentiamo e automaticamente iniziamo a camminare insieme e a parlare. E' strano come sia venuto naturale. Entrambi non parlavamo e non vedavamo nessuno da giorni, e io ho trovato fosse come bere acqua fresca per un assetato lo scambiare qualche parola o anche camminare  insieme condividendo nulla più del silenzio,  ma comunque vicino a un altro umano. 
Ci fermiamo a pranzare insieme e scopriamo che entrambi conosciamo Francesco che prima di noi ha fatto la VLS e con lei ha fatto la via del sale a settembre.  Dopo altri kilometri di parole e di silenzio su una sentiero stupendo che sale lentamente fino a alle ultime cime di questo cammino ( che non significa certo la fine del viaggio, ci sono ancora almeno 16 km  ) Sara ed io ci separiamo, ma non prima che mi donasse caritatevolmente un pò della sua acqua. Lei devia perchè ha prenotato in un bnb, io proseguo sulle cime con in testa una sfida alla fortuna:
se nell'ultimo punto tenda dopo le montagne ho internet cerco un hotel e proseguo fino a Prato, altrimenti mi fermerò lì.  Questo ragionamento mi permette di svuotare la mente dalla preoccupazione di dove dormirò stasera perchè non dipende più da me e in questo modo posso continuare a camminare tranquillo guardandomi intorno come un ubriaco che coi suoi passi incerti ma felici arranca cercando la via di casa. 


Qui inizia il pezzo più bello del cammino, quello in cui ho lasciato un pò del cuore, insieme al passo crocetta.  Alla mia sinistra un fitto bosco di pina sibila al vento con un suono stupendo. A destra si inizia a intravedere la Grande pianura dove sorgono Prato e Firenze. Mentre cammino vedo tracce di animali, e nel silenzio assoluto accompagnato dalla musica del vento fanno capolino da dietro un cespuglio dei cavalli selvaggi, che non avevo mai visto. 


Poi i cavalli si sono moltiplicati . Sulle cime del monte Prataccio, Aia Padre e Maggiore si sale e si scende dolcemente su prati bassi e perfetti come tappeti con un panorama a 360 gradi che non ha nulla da invidiare alle Alpi.  Così camminavo, a naso in su e felice. Grato per quello che mi si offriva, grato per questo corpo che mi permette di fare tante bellissime cose. Anche qui ho sentito una grande serenità camminando.





 Inizia, non senza essermi fermato a godere del panorama intorno, la lunga discesa fino all'ultimo punto tenda possibile, dove avrei deciso se fermarmi o proseguire.













là in fondo a sinistra, Prato.




La via prosegue senza fine, lungi dall'uscio dal quale parte.


Non amo le discese e non le ama il mio ginocchio. Quando lentamente arrivo al memoriale di Valibona sto andando avanti come uno zombie. Ho già 30 km nelle gambe e il sole sta tramontando. Sono sudato e puzzo come un cane radioattivo. La camicia dopo 3 giorni sta praticamente in piedi da sola e mi sembra che si muova per conto proprio quando la appoggio in giro... aiuto. Ma ho internet! Essendo un poveraccio decido un pò se vale la pena spendere soldi per una doccia, un letto e una ricca colazione a buffet eeee si. Ne vale la pena.   Chiamo, prenoto e faccio sapere che  dovrei arrivare tra 3 o 4 ore. Questo adesso significa stringere tutte le cinghie dello zaino, attaccarlo alla schiena come se fosse il guscio di una tartaruga ninja e correre come non ho mai corso prima, se non voglio finire camminando su un brutto sentiero sassoso in discesa con la torcia frontale, il che vorrebbe dire andare pianissimo per non prendere brutte distorsioni di caviglia. 




devo muovermi. Ma è difficile non fermarsi a osservare ogni dettaglio.

Il cartello al memoriale Valibona dice 3.25 ore per arrivare in centro a Prato e di solito sono più lento dei tempi indicati dai cartelli in montagna. Metto gli auricolari e inizio a fare una sessione di foot placement da panico su questo sentiero sassoso che scende dolcemente senza cambiare quasi mai nell'ultima luce traversa del tramonto, di un rosso caldo e che dona al bosco l'atmosfera che c'e' a volte nei sogni. Normale ma allo stesso tempo surreale. Cammino e a volte corricchio, le gambe vanno da sole. Cosa assurda dato che fini a poco fa inciampavo camminando in piano da quanto ero stanco. Qui non sbaglio un passo, ma devo stare comunque attento. Prendere una storta adesso agli ultimi kilometri sarebbe proprio un peccato, dopo 100 km senza alcun problema. 
Non so come ma in 2 ore sono entrato in città e dopo poche svolte su asfalto trovo davanti a una me una barretta di cioccolato chiusa e intatta.  Un dono dal cielo. me la mangio felice come un bambino guardando con tanto d'occhi passanti e automobili. Poi mi rendo conto che puzzo così tanto da riuscire a sentire l'odore delle persone.  che incrocio. Hanno tutti un profumo incredibile, di ammorbidente, di vestiti puliti e di buono. Arrivo in centro alle 18 che sono su di giri, mi guardo intorno, è sera e nessuno sa che cosa ho appena fatto. Niente di eccezionale forse, ma per me che non pensavo neanche di farcela, con il male al ginocchio dei giorni precedenti, sapere di aver fatto la via della lana e della seta e di aver coperto 100 km in montagna in 3 giorni è straordinario. Ora si che le gambe fanno male, ma ormai sono arrivato. Non ho più nulla di cui preoccuparmi. Domani me ne torno a casa con calma. Ora è il momenti di mangiare tanto e male, farmi una super doccia e dormire in un letto. Non è stata una battaglia o un breaking jump questa avventura: è stata una passeggiata epica e solitaria per ritrovare la serenità, e l'ho trovata a tra i monti e i colli dell' Appennino tosco emiliano, l'ho trovata tra i faggi le cui foglie danzavano come pesci di fuoco, in fondo ai torrenti, nel silenzio della notte illuminata dalle stelle. Questa è un vita dura ma libera, bella.  A volte grossolana ma piena di poesia.














 







mercoledì 10 agosto 2022

Ritorno a Evry e Lisses 2022

Scrivo questo appunto come monito per me stesso, perchè dopo molti anni di pratica sono caduto in una pratica inaspettata.
Sono da poco tornato dal secondo viaggio a Evry e Lisses dove ero stato per la prima volta nel 2015, luogo dove sono cresciuto tantissimo in pochi giorni, mi sono messo alla prova e nel quale ho lasciato un pezzo di cuore, per il significato che ho dato a quei posti. Questa volta l'esperienza mi ha dato una lezione molto diversa. 
Questa volta già nei giorni precedenti alla partenza avevo una strana sensazione che mi perseguitava, qualcosa che non andava, un disagio. Ma meditando per riconoscerla non ci sono riuscito, e così ho etichettato quella sensazione come il normale nervosismo prima del viaggio che per anni ho sognato, come tanti della mia generazione. 
Una volta lì invece sono precipitato nella trappola delle aspettative. Volevo solo allenarmi con degli amici e provare alcuni salti, vedere cari spot e condividere questi momenti con un gruppo di persone ma alla fine non ci sono riuscito.  Non ho avuto il coraggio di sbloccare salti che credevo di essere in grado di fare, non mi sono sentito parte di un gruppo, sono rimasto molto spesso solo e scoraggiato anzi soverchiato dalla mia incapacità di pensare lucidamente e di ricordarmi la gioia della pratica. Solo la mattina Fontainbleu sono riuscito a vivere e a muovermi serenamente, proprio perchè pur essendo un altro luogo iconico della pratica non ci ero mai stato prima e non avevo nè salti famosi nè fallimenti con cui paragonarmi. E questo fino a che un' oretta dopo aver iniziato ho battuto la gamba contro il nodo di un albero durante un batman jump che mi ha completamente disattivato i muscoli e per quel giorno non ho potuto fare altro. 
Mi sia di lezione questa settimana a Evry e come l'ho vissuta. Un brevissimo post questo, per ricordare a me stesso quanta strada c'e' da fare verso la serenità nella mia pratica ma anche per ricordarmi quanta ne ho fatta, essendo stato in grado appena tornato di riconoscere tutto questo dentro di me, invece di limitarmi a starci male e a darmi la colpa di tutto. Invece di dirmi che era dovuto agli altri, con i quali non sono riuscito a legare perchè tutti presi dal fare quei 2 o 3 salti iconici a ogni costo. Invece di incolpare la mia scarsa forma fisica o il mio mancante bagaglio tecnico. No. 
Dipende tutto da quello che vogliamo nella nostra pratica. Non c'e' alcun nemico al di fuori di noi stessi. La dama del lago non è malvagia, non è indispensabile fare il manpower subito. E soprattutto...
 Il nostro valore come persone e come praticanti NON dipende dai salti che facciamo o non facciamo. Sembra banale scriverlo ora, ma quando si è circondati da persone che saltano molto meglio, quando ogni movimento che nei video di David o degli Yamakasi sembrava fattibile si rivela immenso, (o ad altezze mortali o comunque conclusi con una facilità disarmante) bisogna tornare a guardarsi dentro e riconoscere con onesta e con una mano sulla propria spalla che noi non siamo loro, che la nostra pratica è la nostra pratica e basta, e che non c'e' niente di male nel non essere pronti a certi test. Test che  sicuramente farò in futuro, ma non oggi.  E comunque non è stato solo sofferenza questo viaggio. Ci sono stati anche bellissimi momenti di condivisione e momenti di pratica intensi e forti. Bisogna anche essere equi e non troppo autocritici, lo so. Prendersi il risultato. 
 Scopo della mia pratica è continuare muovermi e godermi il movimento giocoso tanto quanto le sfide mortali. Non voglio fra vent'anni avere un corpo forte ma con il cuore a pezzi per come ho vissuto il mio parkour, sempre rimproverandomi, criticandomi e soffrendo. Cerchiamo comunque di vivere ricordandoci quanto siamo fortunati a poterci muovere, quanto siamo forti ad  arrampicare dove pochissimi lo farebbe e quanta libertà abbiamo di scegliere cosa fare con i nostri corpi.



lunedì 1 agosto 2022

Il tesoro dell'ignoto (Alpe Devero-Binntal-Alpe Devero)

Questa è una breve riflessione, breve come l'avventura che mi ha portato a scrivere questo post rispetto alle possibili grandiose avventure che ci aspettano là fuori. 
Questo we appena trascorso l'ho passato facendo un giro in montagna, ma con una differenza rispetto ai soliti: mi sono informato il minimo possibile prima di intraprendere un anello di 36 km tra il Piemonte e il canton Vallese in Svizzera. Ho fatto così: ho scelto una valle in cui non ero ancora mai stato, anche grazie al buon Marco che mi ha parlato di una zona da esplorare che sembra Mordor, ho cercato uno dei trekking più lunghi e difficili della zona, ho dato un'occhiata al meteo e basta. Niente di eccezionale rispetto alle mie solite avventure nei boschi dietro casa. La differenza qui la fa la distanza e l'altitudine. Nelle tenere montagnette che esploro di solito le temperature, le quote, il terreno, la vegetazione non sono che un parco giochi, la sabbiera dove i bimbi scavano con la paletta per far muovere le mani. Ad un'ora al massimo da qualsiasi punto si trova una strada, i boschi decidui offrono protezione, non ci sono pericolose pietraie e il meteo non è capriccioso. Un terreno di allenamento adatto ai primi esperimenti, come i "piccoli giochi di sopravvivenza 1 e 2
In alta montagna (sopra i 2000 metri) si gioca più seriamente. 
Descriverò brevemente il giro come premessa, poi cercherò di condividere la riflessione vera e propria.
 Intanto devo dire di aver scoperto dei luoghi di una bellezza selvatica ed aspra.

Alpe Devero

La mattina di sabato sono partito fino a lasciare l'auto prima del parcheggio a pagamento (L'alpe Devero, per quanto famoso e conosciuto è fortunatamente protetto e c'e' un numero limitato di parcheggi per evitare che troppi merenderos prendano d'assalto la valle. Per accedere all'alpe si paga l'accesso un paio di km più a valle e io sia per non pagare sia per evitare di fare altra strada in auto ho scelto di lasciarla a metà valle e camminare di più. Partito già abbastanza tardi ho raggiunto l'alpe in un'oretta di buon passo, anche grazie a una scelta accurata e del materiale da portare ( l'approccio minimalista e ultralight ripaga sempre in termini di serenità mentale e di carico sulle ginocchia). Da lì devo ammettere che si è svolta la solita battaglia interiore di ogni volta che intraprendo qualche faticosa avventura: arrivato al bivio con le indicazioni per i sentieri facili o per  i passi alti difficili e faticosi sono stato un pò a pensare, guardando tutte la famiglie e gli escursionisti puliti e profumati prendere a destra. Non nascondo che per quanto mi piaccia affrontare il disagio e l'ignoto...una vocina dentro sussurra sempre di rinunciare. A volte per paura a volte per pigrizia. L'importante però è ignorarla, in questi casi. 
Così ho preso il mio sentiero a sinistra, che guarda caso era deserto.
"due strade divergevano in un bosco giallo..."

Bambini che piangevano e coppie che bisticciavano a destra, silenzio e promesse di epicità a sinistra. 
Quando ho visto quanta gente andava a fare i giretti facili mi sono deciso a continuare per dove avevo deciso la sera prima. Quell'anello andava distrutto, e  ricordando dell'amico che mi ha descritto la zona che avrei attraversato, Mordor, mi sono incamminato. In effetti durante quel giorno e il successivo mi è sembrato davvero di attraversare la terra di mezzo, tra stupende baite immerse nel verde e nel sussurro dei ruscelli e via via che salivo nel paesaggio sempre più aspro. Comunque presto ho iniziato a salire e pregavo di non prendere qualche storta, a pochi giorni dalla partenza per il secondo pellegrinaggio a Lisses e Evry.

Mordor

Trovo sempre un pò brutto cercare di descrivere i trekking che faccio perchè devo necessariamente riassumere ore ed ore di panorami, di dettagli e di paesaggi in poche righe. E' necessario perchè altrimenti mi dilungherei all'infinito. Diciamo quindi che in poche ore ho raggiunto  i piani della Rossa con pausa panino e asciugatura maglietta  prima dello strappo per il passo della Rossa, uno dei punti che ho trovato più belli di questo giro. Un grande altipiano  completamente spoglio, se non per pochi ciuffi d'erba e qualche pozza glaciale sciolta. Si direbbe la parte più povera del sentiero eppure ci ho visto una bellezza severa, silenziosa. Quasi spirituale.

Mordor


 E lì, camminando in silenzio tra grossi massi spaccati da vento e gelo...mi sono ritrovato a pensare al mio amico Iohan Guerguiev, morto suicida nel 2021. Una delle persone che più mi ha ispirato in questi anni. Se non sapete chi era andate a vedere quello che stava facendo. Iohan stava girando il mondo in bicicletta attraverso enormi difficoltà e rari momenti di bellezza con una positività e un energia che mi ha fatto sempre vergognare del mio lamentarmi per cose di poco conto. L'ho seguito dall'inizio del suo viaggio otto anni fa fino all'anno scorso. Godetevi il suo viaggio qui, il primo dei suoi 40 video. Ho pensato a lui quando, quasi alla fine di quel pianoro che ho chiamato Mordor, dietro l'ennesino enorme masso da scavalcare ho trovato un laghetto attorniato da questi stupendi, delicatissimi fiori dall'aspetto di batuffoli di zucchero filato, che resistevano a 2400 metri con un vento da sbilanciare e tagliare la pelle. Stavo per bagnare le mie maniche, guardandoli.





Siamo davvero fiori delicati che provano a resistere al vento. Quanto potente è stata la consapevolezza di Anicca, l'impermanenza di tutte le cose. 
In realtà ora non vorrei dire altro, perchè è difficile passare oltre. Ma ho continuato a camminare e questa descrizione non è più così breve come avrei voluto. Superato il passo si giunge in Svizzera, nel canton  Vallese, dove il popolo Walser ha colonizzato e coltivato e costruito con fatica anche viaggiando attraverso questo passo. Ho visto splendidi laghi , erba morbida, ho pranzato su un duro masso con un pugno di polenta istantanea e ho iniziato scendere, avendo davanti l'incredibile e nuovo paesaggio di questa zona mai vista e l' Aletschorn, elegante piramide di ghiaccio e roccia alle cui pendici nasce anche il ghiacciaio più grande delle Alpi.





Svizzera, su e giù

In breve ho attraversato una lunga discesa fino a valle , intervallata da laghetti cristallini in cui avrei fatto il bagno (nudo, non portandomi il costume) se non ci fossero stati escursionisti ad occuparlo. Mi sono limitato a farmi un caffè e a tenere le gambe in acqua per ricaricarle un pò.


Continuando la discesa la stanchezza e il ginocchio hanno iniziato a farsi sentire. Raggiunto il fondo valle mi sono accorto che cominciavo a ciondolare e inciampare, ero cotto. E soprattutto iniziavo a cercare con lo sguardo un punto in piano ma discreto per piantare la tenda ma mi sono imposto di fare almeno più della metà della strada di tutto il trekking, altrimenti avrei fatto molta più fatica il giorno dopo, con le gambe cotte dal giorno prima, e ed ero solo a una dozzina di km. Quindi la valle ricomincia salire tra pascoli e alpeggi via via più disabitati.
 Ancora un'ora, ancora mezz'ora, ancora dieci minuti. Mi sono ritrovato ad incitarmi ad alta voce  per andare ancora un pò avanti, fino  a quando cotto, ho trovato un micro spiazzo non coperto di cacche di mucca qualche centinaio di metri sopra un torrente. Prima di raggiungerlo ho fatto il pieno di acqua per lavarmi e per cucinare e raggiunto il pascolo ho piazzato la tenda. Alle 8 di sera, dopo essermi dato una lavata con una bottiglia, la cena e una camomilla ero già nel quilt, distrutto e sereno, confidando in una bella notte di sonno.

Ma ho dormito pochissimo, come spesso mi succede in montagna. So che succede e me lo aspetto ma è comunque molto irritante non riuscire a prendere sonno pur sentendo una grande stanchezza addosso. Quanto meno ho colto l'occasione per provare a fare qualche foto notturna.  Che come al solito non rende l'enorme numero di stelle che si vedeva, lontano da qualsiasi fonte di inquinamento luminoso. Quando sarà il momento di cambiare fotocamera vorrei trovare qualcosa di altrettanto piccolo della mia compattina ma con un angolo maggiore, per riprendere la magnifica via lattea. 

La via lattea si distende dalla mia sinistra alla mia destra come un nastro sfilacciato e interrotto da zone buie e zone più chiare e lattiginose. Alcune stelle sono così luminose da intravedersi attraverso il telo della tenda, e satelliti e stelle cadenti passano ogni tanto con una chiarezza che sono felice di non vedere tutti i giorni. Non vorrei mai abituarmi a questo spettacolo. Ma andiamo avanti. Questo post nasce in realtà per un altro motivo. La mattina alle 5, ancora col buio mi sono stufato di rigirarmi nel quilt e ho sbaraccato. Faceva freddo ed era il 30 luglio. Meraviglioso ricordarsi cosa significa avere freddo. Colazione rapida con caffè e busta di avena e alle 6  stavo già camminando. In un paio d'ore ho raggiunto rapidamente il Passo Devero. Stupendo camminare per raggiungere il sole lassù in cima al passo e scaldarsi un attimo prima della lunga discesa. Il passo era deserto. Mi sono voltato per salutare le montagne svizzere e ho scavalcato rientrando in territorio italiano verso I laghi. Con molta calma perchè le discese sono la mia debolezza, con le caviglie di vetro che mi ritrovo. Paradossalmente a parità di tempo copro più dislivello in salita che in discesa. alle 10 ero di nuovo all'alpe Devero, stordito da tute le voci delle persone che passavano, (bastano poche ore di solitudine per abituarsi al silenzio) chi guardando il telefono, chi chiacchierando di cosa avrebbero fatto il giorno dopo al lavoro. Spero ci fosse qualcuno che stesse vivendo nel presente, su quella ghiaia nella valle. 
Ore bho, poco dopo l'alba sul passo Devero coi mitici pantaloncini.


 Discesa e riflessioni

Alle 12 sono tornato all'auto e sono subito ripartito verso casa, troppo stanco per meditare in valle, anche se avrei voluto. Ma perchè ho scritto questo post?
 Questa è la mia riflessione: Ho scelto di fare un giro in montagna non sapendone troppo perchè credo fermanente  (con i dovuti margini di sicurezza minimi, che poi che significa?) che la crescita umana stia sopratutto in un fattore: la sua enorme capacità di adattamento e di improvvisazione. Se l'Uomo ( e quando dico Uomo con la U maiuscola intendo il der mensch, l'essere umano, uomo o donna che sia)  è grande in qualcosa lo è in e per queste capacità. Adattarsi, improvvisare, usare l'intelletto per affrontare situazioni ignote ed uscirne vivo superando il solo istinto di lotta o fuga. L'ignoto è un tesoro enorme nascosto in bella vista dietro ogni angolo, ma in questa epoca ultra informata, iper-organizzata e paranoica sulla protezione e sulla sicurezza ci dimentichiamo che siamo fottute bestie epiche capaci di arrampicare, correre per decine di chilometri, lanciare oggetti con una precisione assurda, creare nodi con mille usi e via dicendo. Un pò come i breaking jump del parkour ci mettono di fronte a delle sfide, ma sempre con percentuali più o meno alte di controllo ( decidere che salto fare, con che tecnica, in quali condizioni meteo/ di stanchezza/fame/disagio comporta sempre e comunque una parte di aspettativa). Trovo che affrontare ambienti sconosciuti con molte più variabili sia per me ora una sfida ancora più stimolante, che sta mettendo davvero alla prova il mio ingegno e la mia resistenza fisica e mentale. Ritengo sia anche interessante dal punto di vista dell'autostima superare sfide mentali lunghe come un trekking. Sfide fatte di ore, e non di secondi come un breaking jump. Tassanti, faticose e imprevedibili. E di come raggiungere traguardi visibili e tangibili come una cima possano essere un grande boost per l'autostima con la cascata di effetti positiva che porta. Come detto all'inizio del post questo non è che l'inizio. Le avventure, i rischi e i margini di crescita sono potenzialmente infiniti. 

la via prosegue senza fine lungi dall'uscio dal quale parte