venerdì 20 settembre 2019

Cammino di Santiago pt. 1

Quali sono gli ingredienti per una grande avventura? Non me lo ero ancora chiesto, anche se li avevo già incontrati, in passato.  Ma quest' anno ho vissuto da vicino delle esperienze che ho voglia di condividere.







Bipedi


Ad agosto ho fatto una parte del cammino di Santiago, un viaggio che volevo fare da tempo, anche se non lo sapevo.  Dopo un' anno difficile e intenso mi ha preso di nuovo forte il desiderio di viaggiare solo, e cosa c'è di meglio di un cammino lungo e solitario ( ho scoperto esserci molte forme diverse di solitudine, camminando) per fare i conti coi propri pensieri?

 Il viaggio in auto, bus, auto, aereo, bus, treno e taxi (messo gentilmente a  disposizione dalle ferrovie francesi) per arrivare a Saint Jean Pied De Port, l'inizio ufficiale del Cammino Francese.  Perdere il primo giorno la felpa, poi la bandana che avevo da anni. Lavarsi ogni giorno calze e mutande. E camminare, camminare, camminare.  Così semplice eppure non facile. Il mio corpo arrogante credeva di poter gestire quel genere di fatica senza una piega, così abituato all'allenamento. Stupido me, che non avevo idea di cosa mi avrebbe aspettato, ah ah!  Nei giorni seguenti avrei appreso la lezione.  Ho scoperto che i bisogni davvero fondamentali sono pochi e facili da soddisfare: mangiare, riposare, lavarsi. Ho imparato lentamente, giorno dopo giorno, qual'era il mio ritmo. I primi giorni, tutto preso dall'emozione di essere sul cammino e di vedere altri pellegrini non sapevo cosa fare, quando partire , dove riposare, quanti km fare ogni giorno, come affrontare il dolore. Camminavo forte e mi gurdavo solo la strada davanti a me

Poi, lentamente, ho rallentato.


Non aveva più importanza che  tutti mi sorpassassero. Ho ascoltato sempre meno musica o radio, per avere compagnia. Volevo ascoltare tutto il vocìo costante della mente, osservare me, il paesaggio immenso che cambia pianissimo ora dopo ora, tra i Pirenei o negli infiniti campi di grano della meseta. A volte l'ampiezza del panorama, così diverso da quelli cui sono abituato, mi stordiva con la sua bellezza.  C'era qualcosa di commovente nel realizzare che stavo facendo a piedi e con le mie sole forze un pezzo di mondo, che il paesaggio cambiava lentamente ma costantemente solo grazie al mio camminare. Una percezione non ovvia, però. Questo sapere non era "in circolo" dentro di me: era una riflessione che a volte facevo, ma emergeva a tratti. Non era una consapevolezza costante. E quando accadeva mi veniva quasi da piangere dall'emozione. Certo, sapevo che tutto cambia in continuazione e che tutto è condizionato. Ma è una verità che si dimentica subito.
 Il dolore ai piedi e alle gambe, compagno costante insieme alla ghiaia del sentiero era a volte forte altre meno, ma anche zoppicando con un ginocchio dolorante e i piedi pieni di vesciche  ero contento di quello che stavo facendo.

 E poi eravamo tutti nelle stesse condizioni. Quando la sera mi fermavo in un albergue reincontravo le persone viste ore o giorni prima sul cammino mentre si stendevano stanchi sui letti,  lavavano i vestiti o curavano le vesciche con ago e filo. Queste sensazioni così basilari e condivise mi hanno fatto sentire parte di una comunità, qualcosa che non sentivo da tempo. soprattutto negli albergue parrocchiali o donativi, quelli antichi, belli, tutti pietra e travi di legno tarlati, magari senza wi fi. Con una semplice cucina, i letti, le scale di pietra irregolari...bellissimi. Intimi. Se decidete di fare il Cammino cercate quelli. non rimane molto dello spirito del cammino, se cercate le comodità a ogni costo. Quando ti accorgi che gli altri stanno soffrendo almeno quanto te, se non di più, ricordi che non è così importante l' "io", il "mio" dolore, i "miei" bisogni.  Siamo stati in quei momenti tutti compagni di viaggio. A volte prestando un pezzo di sapone a una sessantenne tedesca, altre ricevendo una birra da un signore giapponese di 80 anni che faceva il cammino con le scarpe da città, e che, lento e inesorabile, ogni mattina erà la sulla strada a camminare piano. Molto piano, ma inarrestabile.




Probabilmente un Bodhisattva.  Dopo aver scavalcato montagne, essermi perso alcune mattine tra i campi, a ver camminato alle 4 di notte (o di mattina) nella periferia di Pamplona tra i barboni che dormivano,  fradicio d'acqua dopo essere stato vililmente schizzato dagli spruzzatori dei giardini pubblici, attraversato una foresta infestata da bruchi appesi ovunque...mangiato molti bocadillos e bevuto molte birre...ho camminato ancora. 
Ho percoso 300 km in 14 giorni,  un we a Madrid per riposare e infine a casa. Ora la mia concha, la conchiglia del pellegrino è appesa a un chiodo, in attesa di essere riagganciata allo zaino per concludere il Cammino di Santiago.


un'intera tappa notturna nella Meseta, guidato dalla luna e dalle stelle.




il confine tra Francia e Spagna con alcuni amici conosciuti lungo il cammino. 


i momenti che ho più amato. Cieli immensi e punteggiati  di nubi, l'orizzonte basso e silenzioso, il sentiero di fronte a me e i miei passi, insieme a miliardi di anni, che macinavano la ghiaia della via.