venerdì 16 aprile 2021

L' albero

C'è un albero, dentro di me
trapiantato dal sole
le sue foglie oscillano come pesci di fuoco
le sue foglie cantano come usignoli.


In questi giorni mi è venuta voglia di ricominciare a lavorare sulla forza di tirata, ma non mi andava di fare le solite trazioni. Inoltre non mi arrampicavo da un pò, così ho provato una sfida. Mi aspettavo un allenamento noioso e ripetitivo.

Invece si è rivelato molto interessante per vari motivi. Scrivo questo breve post perchè penso possa essere utile condividere le mie impressioni  su un lavoro particolare e credo non così usuale tra i praticanti sia giovani che vecchi. 

La sfida è stata quella di trovare un albero adatto e arrampicarmici 32 volte (che poi sono diventate 36). Negli  ultimi giorni ho girato per Varese per trovare quello giusto, ma o erano piccoli, o pieni di rami morti o troppo vicini alla strada, e io volevo lavorare tranquillo. Poi fuori città ne ho trovato uno adatto, anche se piuttosto basso. Una giovane quercia che salivo quasi fino in cima, dove il tronco sottile si divideva, per formare la chioma, per circa 8 o 9 metri.

Veniamo alla sfida e poi alle impressioni. 

All'inizio faceva freddo, per essere metà aprile e avevo maglia termica e felpa.

La prima difficoltà è stata usare i giovani rametti nati negli ultimi anni senza danneggiarli, ma con attenzione e delicatezza sono riuscito a non spezzarne nessuno. La seconda è stata lo strato di lichene polveroso presente su tutto il tronco, ma non sui rami. Evitare che andasse negli occhi. A parte quello era un albero bello, da arrampicare. Le sensazioni provate sono state molte e particolari: i primi 10 o 15 giri mi sono serviti per capire il percorso più facile da seguire e il più sicuro in termini di robustezza dei rami. L'arrampicata sugli alberi è molto bella ma è da non sottovalutare. E' facile dimenticare di avere sempre tre appoggi o appoggiare e aggrapparsi a un ramo troppo sottile o fragile perchè non in salute.  Dopo aver saggiato la portanza dei rami che  ho deciso di usare ho iniziato  a prendere confidenza col percorso che all'inizio facevo molto piano e ho aumentato la velocità. 

 Faceva freddo ma stavo in maglietta adesso.

Inoltre, non dovendo arrampicarmi per molti metri ho deciso di darmi 5, 10 secondi al massimo di riposo tra un giro e l'altro, per mantenere alto il battito e rendere la sfida più interessante. Fino a qui lo sentivo come un lavoro di forza piuttosto intenso, con le salite e le discese lente, con molti movimenti eccentrici per scendere da un ramo all'altro e molte transizioni simili alla muscle up.  Molto pumping muscolare. Una volta capiti gli appigli e gli appoggi ho iniziato a muovermi davvero in fretta e in quel momento la concentrazione cosciente è diventata più profonda e naturale,  lo sforzo fisico è diminuito perchè distribuivo meglio il peso tra braccia e gambe, come quando si fa un percorso lungo per molte volte e diventa automatico. Non è più necessario pensare a ogni movimento, ma viene tutto da sè. 

 Intanto dopo le nuvole ha iniziato a piovigginare leggermente e poi ha continuato, quando è uscito un tiepido sole. 

Vicino all'albero c'era un campo da calcio pieno di ragazzi che giocavano urlando e bestemmiando, e io non li sentivo neanche. C'era solo un ramo dopo l'altro, piedi e mani che si spostano veloci e sanno da soli dove andare, lasciare e prendere, stringere per il tempo e con la tensione necessaria. Davvero una bella sensazione. Così sono arrivato a circa 27  o 28 giri. A quel punto la stanchezza ha iniziato a farsi sentire e ho diminuito un poco la velocità  per permettere  alle mani di prendersi il tempo giusto per afferrare con sicurezza i rami. In tutto questo ho trovato più faticoso scendere che salire. 

Arrivato a trenta  giri  c'era il sole e una leggera brezza. L'albero vibrava di vita.

36 salite e 36 discese. Una sfidella interessante più per le sensazioni e le riflessioni che mi ha regalato, che per la fatica.

Parlando di allenamento credo che quello dell'arrampicata e del movimento in generale sugli alberi, possa essere un grande mondo che si potrebbe aprire per chi come me non ci ha mai lavorato sistematicamente. Lavorare le trazioni in ogni angolo possibile, lavorare la forza e la resistenza della presa in maniera varia eppure densa. Utilissimo strumento per la creatività, immaginando già le decine di vie possibili per muoversi attraverso un semplice albero. Cambiare specie di albero potrebbe cambiare completamente le regole del gioco. Basti pensare alla differenza tra una betulla e un vecchio cedro del Libano, un Fico, una faggio, un pioppo, un pino vecchio. L'angolo dei rami , il tipo di corteccia e  il tipo di legno che rende diversa la portanza dei rami.  Penso che potrebbe anche essere un ottimo strumento per quei praticanti che vorrebbero riprendere un lavoro di forza di braccia ma che magari hanno qualche piccolo infortunio  che si riacutizza con l'appensione completa e con le trazioni. Sugli alberi si può sempre scaricare peso pur mantenendo un volume totale di lavoro non indifferente e gestendo con precisione il carico.  Lavorando sempre con angoli particolari si va a creare quella forza organica che ha portato alla ribalta Ido qualche anno fa, rispetto agli angoli di lavoro classici di trazioni e dips. 

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