venerdì 11 dicembre 2020

Minimalismo: il processo e il cambiamento.

A  distanza di due anni dal primo post-introduzione al minimalismo (questo) posso dire di aver approfondito un pò  l'argomento.  Senza la pretesa di essere un minimalista, ma vivendo con più intenzione. I due periodi di lock down del 2020 sono stati un'occasione per  rivedere casa mia da un diverso punto di vista, dovendoci passare tanto tempo all'interno. E bisogna "ringraziare" la pandemia per questo. Trarre qualcosa di buono invece di rimanerne affossati dalle difficoltà che incontriamo è una prova difficile per tutti noi.
Detto questo torno a descrivere brevemente il percorso e gli ostacoli che ho trovato.

Chi sono? Perchè sono seduta in mezzo a una stanza vuota? Ah. Si. Sono una minimalista.




Cos'e' il minimalismo?

Il minimalismo è una controtendenza. E' il muoversi in senso contrario rispetto alla direzione in cui la società (l'insieme degli individui che adottano comportamenti condivisi) ci spinge. "In contrapposizione con il termine comunità, la parola società indica un sistema di relazioni artificiali impersonali, mediate dal mercato e fondate su un contratto." (secondo la definizione di società di wikipedia).  La nostra società ci guida con messaggi più o meno espliciti a comportarci in un determinato modo che possa far muovere il modello di economia in cui ci troviamo. Quali sono questi messaggi? 

Comprare, consumare (meglio se compulsivamente), sostituire, fare upgrade, fare cose e farle velocemente. Mostrare agli altri quanto siamo donne e uomini di successo (qualsiasi cosa voglia dire). Avere, trovare la felicità attraverso modelli standardizzati e superficiali, comportarci in un certo modo per le donne e in un altro per gli uomini così da non essere fraintesi ed emarginati. Ci dice di condividere quello che facciamo, mangiamo, e vediamo con amici e familiari. Ci sussurra nell'orecchio di aprire lo smartphone e scrollare i social per vedere cosa succede. Ci urla che puoi fare quello che vuoi, ma non ci dice che per fare quello che vuoi devi sacrificare le cose importanti.

Il minimalismo è una decisa frenata a questa corsa. In poche parole è vivere una vita con più intenzione. Con più attenzione.
 In internet si trovano centinaia di video e articoli  di persone che dicono di aver adottato uno stile di vita minimalista dopo aver visto quel famoso documentario su Netflix e nei quali mostrano la loro casa e il loro nuovo modo di vivere. E cosa vedi? Gente che butta via tutto, che ha case vuote, di solito tutte bianche, arredate con  oggetti di design posizionati in maniera strategica e con ordine maniacale. "Che buttano via una montagna di vestiti per poi rifarsi un guardaroba di magliette e pantaloni tutti dello stesso colore per non perdere 20 secondi nel decidere cosa mettere" (Andrea Fini, qui).
Non  era questo il messaggio che volevano comunicare i protagonisti del film. Il messaggio era cercare di fare capire che per dare un senso alla nostra vita  dobbiamo ripensare al significato di cosa ha valore e di cosa non ne ha. Siano queste cose  oggetti, persone, situazioni, lavori.
In realtà il minimalismo non è niente di complicato o straordinario. Ma come spesso accade per le cose più semplici, servono molte parole per spiegarle. Altrimenti vengono fraintese.
Vediamone qualche aspetto, per poi trarne qualche conclusione e la mia visione personale.

Il proprio perché:

la prima domanda che una persona interessata al minimalismo deve farsi è "perché lo voglio fare?" Come ho detto nel post precedente io ho iniziato dalla fine, cioè dall'eliminazione sconsiderata degli oggetti, credendo fosse l'azione principale per "liberarsi" (chi ti tiene prigioniero?- Sengcan) da non si sa bene cosa. Sicuramente da un senso di afflizione e ingombro mentale che pensavo di eliminare buttando via le cose intorno a me, come il letto.
Quindi dobbiamo prima capire cosa vogliamo da questo minimalismo e che cambiamenti crediamo porterà nella nostra vita per renderlo un processo piacevole. 
Mi sento male? C'e' qualcosa che non va nella mia vita al momento? Chi o cosa sta causando sofferenza? Chiedersi  queste cose e rispondersi con sincerità è il passo più importante per ri-conquistare un attimo di controllo, senza sentirsi sbagliati. 

Sintomo e causa

Uno degli errori che ho fatto all'inizio è stato cominciare a buttare via cose, perchè credevo fosse quella la via. Fare spazio, denudarsi delle cose in eccesso.  Ovviamente non è così che si risolvono le cose. Non confondiamo sintomi e cause. Se noi ci priviamo di tutto, ma il problema è dentro di noi, il problema rimane e saremo ancora persone tristi e depresse. Così facendo cerchiamo di curare il sintomo di una malattia e non la sua causa. Però non è neanche detto che il minimalismo sia la soluzione a ogni problema eh. Qui non si vendono ricette per la felicità.
Comunque se ci accorgiamo che il sintomo è comprare, riempirci la vita di cose ( non per forza di oggetti, ma anche di simboli)  forse stiamo riempiendo un vuoto interiore. Ed è la causa, ciò su cui dobbiamo lavorare. Ognuno ha la sua, certo. Ma quelle comuni sono una perdita di identità, di valore verso la propria vita o verso il modo in cui la stiamo conducendo. La perdita della capacità di vivere nel qui ed ora. Una mancanza di onestà intellettuale o emotiva più profonda di quella che vogliamo ammettere a noi stessi. 

Focus e distrazione.

 La nostra attenzione è tirata in ogni direzione da migliaia di stimoli ogni giorno. Il nostro status, il guadagno, l'immagine che diamo di noi al mondo, il lavoro che facciamo, le nostre relazioni, i social media, e via dicendo. Sono moltissimi e ci risucchiano tempo, denaro, attenzione ed energie. La nostra mente è così abituata ad alcuni di questi stimoli da percepirli persino quando non ci sono, come quando sentiamo il telefono vibrare in tasca e lo controlliamo anche quando non ha effettivamente vibrato, o quando facciamo cose per abitudine, senza vivere nel presente, senza sapere davvero perchè lo stiamo facendo. Queste sono le distrazioni ( che non sono il male del mondo, se si impara a gestirle). 
 Queste distrazioni ci portano fuori dalla strada della presenza mentale, della cosa più importante: il qui e ora. Il tempo è molto importante.
Alcune persone dicono: "Sono preoccupato, ho poco tempo, se avessi più tempo farei questo e quello, non ho tempo da perdere, lo farò dopo. Lo farò domani." Sono matti. Il giorno seguente la morte può arrivare. Quello che scrivo potrebbe farti sentire a disagio, poichè non siamo abituati a trattare la morte come una cosa normale che può capitare. Nella nostra vita moderna e in questa società nessuno ama parlare della morte, come se non parlandone si potesse esorcizzarla. Come girarsi dall'altra parte e far finta che non esista. Se invece si impara a coltivare la consapevolezza che il domani può esserci come può non esserci, e che dunque non vi è alcuna garanzia che domani o fra un anno possiamo fare quello che vogliamo...bhe allora si torna un pò alla realtà. La realtà del fatto che esiste solo questo momento. Mentre io scrivo e tu leggi. Qui e ora, è importante. E come puoi sprecare anche un secondo della tua vita, coltivando ogni giorno questa verità? Cerco dunque di limitare le fonti di distrazioni che mi allontanano dalla realtà. qualche esempio:
  • Si fotta il multitasking. Fai una cosa per volta. 
  • Spegni ( non mettere in silenzioso, è diverso) il telefono quando fai qualcosa che richiede la tua attenzione, come una conversazione con una persona.
  • Non scrollare instagram quando cammini per strada: ieri mentre ero in fila davanti alla posta e mi guardavo intorno, ho visto in meno di dieci minuti 3 persone inciampare e rischiare di cadere perchè camminavano guardando lo smartphone.
  • Togli le notifiche alle app non essenziali. No, davvero. Toglile. Il mondo non crollerà se controlli più tardi chi ha commentato la tua storia. 
  • Rallenta. 
  • Non andare al centro commerciale per noia. Come non si fa la spesa da affamati:)

Lo spirito Zen


Questo non è strettamente parte del minimalismo, ma  fa parte del percorso che ho intrapreso anni fa e che ho cominciato a vivere seriamente una volta abbandonata ogni velleità sull'essere zen, praticante di zen, zen e parkour. E voglio provare a scriverne quanto meno per tenere traccia del percorso che sto facendo, anche se è estremamente difficile parlarne poichè è 

Una speciale tradizione esterna alle scritture
Non dipendente dalle parole o dalle lettere
Che punta direttamente alla mente-cuore dell'uomo 
Che vede dentro la propria natura e raggiunge la Buddhità.

 Zen  e minimalismo sono strettamente correlati, perchè si basano entrambi sul vivere nel presente e sul rimuovere quel velo di Maya che ci nasconde la verità. Per questo l'ho sentito subito affine al mio carattere. 

La meditazione come gesto, il gesto come meditazione


Un bellissimo modo per riappropriarci di noi stessi è la meditazione. Come, dove, con chi, e perchè fate voi. Non ha molta importanza.
Lo spirito del gesto zen  è lo spirito che abita le azioni, senza aggrapparsi. Per esempio c'e' un modo zen di chiudere una porta, di posare un oggetto o di guidare l'auto. Quando faccio il caffè, invece di prepararlo in fretta per poi fare altro, ho imparato a farlo con una deliberata lentezza. Lavo con cura ogni sua parte. La asciugo, osservandola. Versando la polvere di caffè nel filtro sospendo per un momento il cucchiaino sopra il contenitore, per evitare che cada del caffè fuori. Poi la chiudo e la appoggio delicatamente sul fuoco azzurro, per evitare che sbatta facendo rumore.
Cosa significa tutto questo? Nient'altro che essere là, mentre si fa il caffè. Immaginate quante azioni quotidiane hanno lo stesso valore dello Zazen, la meditazione seduta. Per questo sono nate tante arti così legate allo zen, come il tiro con l'arco, la cerimonia del tè, l'arte di disporre i fiori o la manutenzione della motocicletta. Ma è difficile essere in quello che si fa. E ancora più difficile è essere in quello che si potrebbe essere chiamati a fare istantaneamente. 






Finalmente, i maledetti oggetti (ma non solo)

E siamo giunti a al principio: possedere meno. Possiamo chiaramente vivere senza privarci delle comodità e dell'agio che la nostra epoca ci dona, ma possiamo farlo senza diventare schiavi delle cose che possediamo.  Il grande passo è comprendere che il vuoto che abbiamo dentro non verrà colmato dalle cose che possiamo comprare  con soldi che abbiamo guadagnato facendo un lavoro che odiamo (e basterebbe questo per vivere una vita dignitosa). Possiamo invece guardarci allo specchio ed essere sinceri con noi stessi, affrontare i traumi profondi e dolori che ognuno di noi ha, ogni ferita che ci ha reso quello che crediamo di essere (sarà difficile da credere, ma noi non siamo quella roba lì) . Poi possiamo iniziare a riempire quel buco con affetti sinceri, con l'empatia, con un pò di pazienza, con un pò di ascolto, col voler bene a se stessi. 
E finalmente: possiamo dire che avere troppo poco non basta, avere troppo non ci serve. Riuscire a trovare un sano equilibrio è quello a cui puntiamo. Io ricominciato  dando una bella occhiata a tutto quello che possiedo dopo di che ho regalato, venduto, e solo come ultima possibilità buttato, quello che non mi dà gioia, quello che mi provoca dolore, quello che in casa  prende polvere, quello che indosso meno di una volta al mese.  


  • Vestiti: Probabilmente il 60 per cento di quello che hai nell'armadio non lo metti MAI. Mai. forse arriviamo all'80. Sono regali, cose comprate in offerta, cose che provate in negozio sembrava ti piacessero e ti stessero bene, ma che in realtà non metti. Io ho fatto spazio eliminando tre quarti dei vestiti che possedevo. Campana per vestiti per i bisognosi. PRO: più spazio negli armadi, meno sbatta a scegliere e spulciare tra i vestiti per quello che voglio indossare nel giorno x. Ora non devo più scegliere tra la mia maglietta preferita e le altre. Tutti i vestiti che possiedo sono i miei preferiti. Non vado più a fare il giro al decathlon per combattere la depressione e regalarmi qualcosa.

  • Soprammobili, ciarpame vario, oggetti che non utilizzavo:Tengo solo le cose che mi danno gioia. Niente più televisore che non guardavo da dieci anni, niente playstation che ho venduto. ho ridotto gli oggetti da cucina. Piatti, pentole mai usate, il servizio buono della nonna, la tazza presa in viaggio. Meno cose da tenere in ordine e lavare. 

  • Viaggia leggero col cuore e con lo zaino: Ho iniziato nei miei viaggi a non  riportare indietro inutili souvenir. Solo foto, qualche cartolina spedita agli amici cari, e i ricordi che mi porto nel cuore. Non mi serve guardare una statuina messa sul frigorifero che probabilmente è stata fatta in Cina (e io non ho viaggiato in Cina) per ricordarmi del viaggio.
Un'aspetto utile da valutare è quello a monte: comprare meno, invece di eliminare poi qualcosa. Comprare meno e poi comprare meglio: oggetti di qualità che durano nel tempo, sconfiggere l'obsolescenza programmata imparando a riparare, cercare la versione sostenibile, riciclabile, riutilizzabile di quello che vuoi comprarti. Vedere che fonti usa, Quanto è eticamente e ecologicamente sostenibile. Certo è uno sbattimento. Ma siamo già 8 miliardi di individui. Il minimo che possiamo fare è lasciare meno merda in giro di quella che abbiamo trovato quando siamo arrivati.

  • Ore in fabbrica: Ho deciso di ridurre il numero delle ore che faccio in fabbrica, in cambio di qualcosa di molto più prezioso del denaro che posso guadagnare: Il tempo. Esco meno stanco, vivo di più, ho più energia per fare altro. Questa scelta comporta un prezzo: i soldi in meno che guadagno. Per qualcuno sarà assurdo stare meglio con meno soldi in banca. Certamente non diventerò mai ricco. Ma non ho mai creduto nel guadagnare tanto da avere una "sicurezza economica". La sicurezza economica non esiste.  
 In conclusione come riassumere questo pippotto?
 il minimalismo è un processo, non è qualcosa che accade dall'oggi al domani.
Gli oggetti, lo shopping, il possedere, non sono il male. Il male è l'aggrapparvisi e l'identificarsi
E qualcosa dentro di noi. Il mondo è perfetto così com'e'. il problema, il nodo da risolvere è dentro. Bisogna guardarsi dentro e onestamente cambiare quello che possiamo cambiare e fare pace con quello che invece non possiamo più cambiare. 
 E per essere un processo utile deve essere equilibrato e sostenibile. Gli estremismi raramente portano a risultati duraturi. Quindi ama le persone e usa gli oggetti, perchè il contrario non funziona.

sabato 14 novembre 2020

missioni a lungo raggio

Credo che quando si impara qualcosa sia necessario saperlo mettere in pratica quando serve, altrimenti è inutile.  Dal lockdown di marzo le mie missioni notturne e diurne sono aumentate in numero e difficoltà (se no che a che serve mettersi alla prova?) e ora che siamo di nuovo in zona rossa ho deciso di farne una a lungo raggio, consapevole di cosa può causare uscire dal proprio comune. Dopo aver valutato rischi, percorsi e orari la missione è iniziata. 

Gli obbiettivi: 

1 evadere dalla città a piedi attraverso vicoli, strade secondarie e passaggi segreti;

2  uscito dalla città imboccare un vecchio sentiero che girando lontano dalle strade principali e che superando un passo porta
a un paese tra le montagne;

 3 raggiungere il paese senza essere visto da nessuno;

4 riposare, farmi una tisana e tornare a casa attraverso altre vie e col favore dell'oscurità. Percorsi 14 km totali.











sabato 10 ottobre 2020

Nel cuore della notte


Quello che ho realizzato, nel 2020, è che non sono forte. 
Non nel senso che ho sempre inteso almeno, cioè quello del parkour delle origini. Il modello con cui sono cresciuto. L'idea dell'uomo forte, che con la forza di volontà e il coraggio può trasformare il suo corpo e la sua mente in un carro armato inarrestabile. Molte cose mi hanno fermato quest'anno.  Per la prima volta, mesi dopo il lockdown, mi sono ritrovato in uno stato sconosciuto fino a quel momento, uno stato che non sapevo spiegare e che mi ha confuso.

 Per la prima volta ho provato ansia.

 Dopo il libera-tutti  ho ricominciato a uscire, subendo una brutta distorsione alla caviglia. La relazione che avevo è crollata, ho perso degli amici. Ma prima, una premessa. 
Era da tempo che non scrivevo cose molto personali qui nel blog, e bene o male l'ho pensato come ad un'evoluzione. Negli ultimi giorni mi sono preso del tempo  per pensare di condividere di nuovo  qualcosa di personale. So che questa scelta ha pro e contro.  Chi mi conosce e entra qui ogni volta che scrivo si metterà comodo davanti al pc e prenderà del tempo  (cosa piuttosto rara di questi tempi ) per leggere quello che condivido. Altri leggeranno le prime righe e crederanno che il mio sia solo l'ultimo sfogo di un vittimista che si lamenta. Al contrario. Voglio condividere una piccola realizzazione, ma per farlo devo spiegare il processo che mi ha portato a stasera.
 
Chiuso in casa, nel cercare di tenermi occupato come molti, ho tralasciato alcuni aspetti della pratica che erano importanti, mi sono concentrato solo sul fare cose, sull'imparare qualcosa di nuovo senza badare a chi avevo vicino e senza badare davvero a me. Poi c'e' anche da dire che comunque è stata una situazione nuova e diversa da ogni difficoltà che chiunque di noi abbia affrontato. Sono stato anche fortunato in realtà. Vivo da solo, in libertà, la persona che mi stava accanto aveva la rara possibilità di spostarsi tra due città per lavoro e poteva venirmi a trovare ma senza l'obbligo di una convivenza forzata.  Quindi cosa è successo? 
un qualcosa di strisciante si muoveva lento dentro di  me senza che me ne accorgessi.  Un senso di solitudine, come un'ombra  al mio fianco quando uscivo a fare la spesa, quando giravo di notte per le strade, quando stavo in casa a cercare di fare qualcosa.  Niente lavoro, niente corsi, niente parkour, computer rotto e notizie allarmanti hanno scavato qualcosa che ha raggiunto la superficie mesi dopo. 
 A lockdown concluso sono uscito ad allenarmi  e a gustarmi un po' di meritata libertà. Abbiamo visto tutti la primavera iniziare e finire da una finestra. Al secondo allenamento dopo il via libera,  saltando con un piede da una panchina la caviglia si è piegata in maniera innaturale (tanto innaturale) lesionando tendini e legamenti.  "Ecco", mi sono detto, "lo sapevo! erano almeno un paio d'anni che non prendevo storte. troppo bello per essere vero!". Come se fosse stato un vaso che mi fosse caduto in testa per caso.  Come se non fosse, almeno in una certa misura dipeso da me. Andiamo avanti, poi torniamo al discorso caviglia.
 
A giugno è morto un amico. Non c'e' altro da dire. 

A  fine luglio senza soldi per mancanza di corsi e lavoro non sapevo cosa fare, e tra Covid e caviglia ridotta a una polpetta masticata di finire il cammino di Santiago non se parlava. Così ho pensato di andare a trovare mia madre, che vive in Puglia. Ho pensato di andarci in bici, per farle sentire la mia vicinanza in un momento difficile. Mi sembrava una bella idea ma era un po' tardi per iniziare a prepararmi (contando sia l'infortunio sia il lock down non ho usato le gambe per sei mesi).
Così non ho fatto nessun allenamento e ho contato sulla mia forza di volontà e sulle capacità fisiche che già avevo.
il 2 agosto Sono partito e il primo giorno ho esagerato facendo 200 km per arrivare da Varese a Verona in un'unica tappa. Arrivato dopo una giornata infame, una foratura in mezzo a un bosco al tramonto e barcollante per il sonno mi sono dovuto fermare per due giorni per riposare, poichè le caviglie e le ginocchia chiedevano pietà.  Perchè l'ho fatto e non mi sono fermato prima? Cosa mi è passato per la testa? In quel momento mi sembrava una cosa coraggiosa..non forse saggia, ma che cazzo, non si può sempre essere prudenti no? Dopo essermi fatto male, 2 mesi di clausura in casa e vicissitudini varie avevo voglia di farlo. Almeno in quel momento avrei dovuto avere gli occhi aperti e badare ai segnali che il corpo mandava. Poi sono ripartito alla volta di Ferrara, (altri 140 km tra i campi della bassa Veronese con un caldo infernale)  e poi di Cervia (130). Raggiunto il mare sarebbe in teoria finita la parte  rovente e pallosa del viaggio. Non sto a descrivere i dettagli del viaggio perchè non è questo lo scopo del post. Lo scopo è condividere un momento di cecità nella ricerca della forza e del coraggio a ogni costo.  Quando la sera del terzo giorno in sella sono arrivato al mare avevo percorso 460 km e zoppicavo. Questo mi ha fatto pensare. Il mare in questo mi ha aiuta. Guardando le navi dondolare pigre nel porto, il mio ginocchio malconcio, ho osservato me stesso, schiavo dei dogmi di una pratica che non mi appartiene più. O meglio: la pratica non ha colpa, è stata la mia pigrizia e irresponsabilità. Anche qui mi sono dato  due giorni di riposo per decidere se continuare il viaggio, per vedere se le condizione del culo  (vesciche da pantaloncini e sella inadatti) e delle articolazioni sarebbe migliorata.

A cosa serve infatti allenarsi per essere forti, se poi quando si è chiamati a usare quella forza siamo degli invalidi? Se serve la condizione giusta, il muro giusto, il riscaldamento giusto per potermi esprimere, allora ho mancato il bersaglio. Non ho neanche incoccato la freccia. Dopo due giorni di riposo e di riflessioni in cui si è svolta una battaglia interna tra continuare e rinunciare ha vinto il buon senso.  Ogni schieramento aveva le sue ragioni però: continuare, dimostrare a me stesso che ero in grado. Farlo per me, farlo per mia madre, farlo per non vergognarmi di ritirarmi. E dall'altra parte il buon senso: avevo finito i soldi, ero completamente impreparato fisicamente, non avevo un equipaggiamento adatto, mi faceva malissimo il culo e il ginocchio. Sembra ovvio ora dire che è giusto rinunciare.

Ma in me non era così ovvio. La mia sensazione è che nel parkour tutti siano capaci di dirsi pronti a rinunciare a una sfida...ma che poi debbano essere gli altri a doverlo fare. Chi ammette tranquillamente: "non sono stato capace"? La paura di mostrarsi fallibili, deboli, sembra troppo grande. Eppure siamo umani. Facciamo errori di valutazione, sbagliamo. E in questo non c'e' niente di male. Ma io ho peccato di orgoglio, l'unica volta che mi sono sopravvalutato. Per fortuna, però, molti cari amici hanno compreso questo malessere e mi hanno scritto sui social consolandomi, tranquillizzando il mio animo.  Lasciar andare le cose quando necessario è un' atto di maturità, spesso più del non mollare.



Viviamo in un mondo eternamente infantile, un mondo dove vogliamo solo vincere contro i muri sbattendoci contro, ottusamente. Dove crediamo di fare brutto con la nostra forza di volontà per fare qualunque cosa. Per qualcuno questa legge irrinunciabile  funziona.  Ma per me non funziona più.

"L'esperienza è l'insegnante migliore. Prima ti fa l'esame e solo dopo ti da la lezione" (Mistaman- Successo)


Così, da quando sento afflizione ho iniziato a sedermi regolarmente (sedermi= zazen ), più di quanto abbia fatto per anni. Sedermi e basta. Senza aspettative sull' illuminazione, senza scopo, solo sedermi. Mettermi seduto e osservare le cose succedere. Osservare le cose per quello che sono.  I pensieri come pensieri, siano essi piacevoli o spiacevoli, causino dolore o gioia. Sono una persona  dal carattere ipersensibile, suscettibile, che tende a scattare e con molti meccanismi automatici di difesa dagli attacchi veri o immaginati che sento di subire.  Quindi per ora sono solo brevi sprazzi quei momenti in cui riesco a lasciar andare.




Nel cuore della notte

Per provare un'esperienza di meditazione diversa e in accordo con la stagione in cui inizio ad andare in montagna, ho deciso di andare una notte ad accamparmi nei boschi che frequento di solito, ma in una zona diversa, che mi permetteva di accendere il fuoco senza lasciare traccia essendo provvista di un focolare. Arrivato nel tardo pomeriggio in questa piccola radura circondata da faggi e castagni ho iniziato a preparare la legna che mi sarebbe servita per buona parte della notte, mentre qualche escursionista si avviava verso casa.  Scesa la sera, la tenda montata e tutto era pronto. Civette e allocchi già vocalizzavano, appena sorta la luna. Dopo aver  finito di tagliare la legna nelle varie misure e aver preparato l'esca ho acceso e scaldato la cena. Passavano le ore e il buio intorno era completo. 

la luna illuminava a tratti la radura.



Dopo gli uccelli notturni ho iniziato ad avvertire gli altri animali aggirarsi curiosi ma invisibili nel sottobosco. L'uomo non è un animale notturno e ha naturalmente timore della notte. Io non sono da meno. Tutti quelli con cui parlo delle notti nella foresta in solitudine mi rispondono che ne hanno troppa paura per farlo da soli. Anche dopo molti anni e molte notti passate fuori mi capita di averne pur sapendo che non c'e nulla di cui aver realmente paura, ma è un istinto primitivo e fortissimo quello del terrore per l'oscurità e per i rumori sospetti, specialmente quelli che non siamo abituati a sentire per la loro natura crepuscolare. Verso le 23, mentre la luna continuava a disegnare macchie di luce bluastra nella radura e tra gli alberi ho deciso di meditare
Mi sono seduto su un ceppo tenendo il fuoco alle mie spalle. Intorno era tutto nero.
E' difficile descrivere  come mi sentivo mentre stavo lì seduto a osservare  con gli occhi socchiusi la piccola area di bosco debolmente illuminata dalla luna davanti a me, le nuvole a tratti la coprivano gettando tutto nell'oscurità più totale. 
Non so come esprimere la paura che provavo, mentre le fiamme dietro di me crepitavano. Volevo rimanere seduto a meditare, ma ogni pensiero e ogni muscolo del mio corpo volevano solo alzarsi e guardarsi intorno. Tutto questo si verificò prima che iniziasse a succedere davvero qualcosa.
Mentre le fiamme continuavano a crepitare in modo sommesso, stavo lì seduto e non c'era nessuno al quale rivolgermi.  Ero solo io, per non so quanti chilometri intorno. Non c'era posto nel quale potessi pensare di  rifugiarmi a parte la tenda da campeggio. Ma volevo stare lì, accettare la paura e ogni demone che fa parte di me e che mi ha fatto perdere amici, relazione, serenità.
Ad un certo punto, dietro di me, oltre il fuoco al di fuori della radura e tra i faggi ho iniziato a sentire dei passi e degli strani versi, come di un uomo che sussurrava.  "Resterò seduto e morirò qui", mi sono detto. "Da qui non mi muovo". La mente ordinaria non permetterebbe di fare una cosa così, non condurrebbe nessuno a fare una cosa simile. Chi potrebbe desiderare di fare una cosa del genere?
Tremavo. Ero ancora seduto e il rumore che sentivo, come di uno strascichìo, si avvicinava. Era il legno del fuoco che cedeva mentre bruciava? O Forse qualche animale era curioso di vedere cosa stesse succedendo e mi girava intorno?  Non sapevo. Le foglie scrocchiavano e sentivo quel qualcosa intorno sempre più vicino. "Starò qui, immobile! non girerò nè la testa nè gli occhi, qualunque cosa accada!" pensavo,  ma la paura mi attanagliava. Niente più Zen, niente Buddha, niente istinto di sopravvivenza. Non mi importava più di nulla. Dentro di me c'era solo una paura che mi riempiva tutto. 
Passati alcuni minuti così improvvisamente non ci fu più nessun rumore. Dentro di me una voce ha chiesto: "di cosa hai paura esattamente?" "Di morire", ha risposto un'altra voce. Bene allora. Muori allora, ma rimani seduto. 
 E sono rimasto. Non sono scappato, e poi la mia percezione è improvvisamente cambiata. Non ho avuto più paura. Passata la paura mi sono trovato a pensare che ero nel bosco di notte, da solo. Mi veniva da piangere. Pensavo: "perchè sto qui seduto come un esule in mezzo al bosco, di notte?" Tutta quella gente che in questo momento sta seduta comodamente nella propria casa, forse non sospetta nemmeno che un tizio stia qui in mezzo alla foresta, seduto e solo? A che serve tutto questo? Perchè appena uscito da mesi di prigionia mi sono fatto male? perchè non sono stato in grado di mantenere una relazione? Perchè rovino le amicizie col mio brutto carattere?

Pensare tutto questo mi ha fatto sentire molto male. Stavo seduto, praticavo così. 
Poi sono rimasto seduto ancora un pò, e ho provato ad accettare queste sensazioni. Mi sono sentito meglio e mi sono guardato intorno. 
Ho fatto qualche passo intorno e il bosco non mi faceva più paura. La mattina dopo, svegliandomi sereno poco prima dell'alba ho socchiuso la tenda e ho visto un cinghiale passeggiare.


 

Il paradigma dell'uomo forte è caduto.

Da poche settimane,  a 4 mesi dall'infortunio ( per un totale di di 7 mesi, il periodo più lungo della mia vita senza aver fatto parkour),  ho ricominciato a praticare. E' incredibile come ci sia così tanto da scoprire su se stessi anche dopo tanti anni di pratica. Sto riscoprendo la mia identità di praticante muovendomi più piano, rimanendo presente. Questo non significa che non spinga più. Voglio sempre diventare quel vecchio seduto in un angolo del bar a cui tutti chiedono di aprire il barattolo di sottaceti perchè non ci riesce nessun'altro. Ma la pratica continua a evolversi e ora, per brevi momenti, riesco a non scontrarmi frontalmente con me stesso e con gli ostacoli (reali o immaginari non fa molta differenza) che mi presentano, ma ci penso su un attimo e poi trovo un modo più gentile di affrontarli. Altre volte ancora un pò di sana ignoranza prevale e anche questa va benissimo. Non serve stravolgere del tutto il proprio modo di muoversi.
 


giovedì 2 luglio 2020

Sullo Stealth: l'arte della furtività

ALERT: QUESTO POST NON INTENDE INCORAGGIARE ALCUN TIPO DI ATTIVITA' ILLEGALE, HA SOLO UNO SCOPO INFORMATIVO.




Vide come la foresta si ghiacciava, unita nel silenzio contro l'intruso, se questi tradiva la sua presenza rompendo un rametto o in qualche altro modo. Vide che gli indiani si  muovevano in silenzio e che erano essi stessi parte della natura, proprio come gli animali cui davano la caccia.             (Lovat Dickson, Gufo Grigio) 


Stealth En: from the old english probably representing an old form word related to steal, (cautious and surreptitious action or movement) + th (suffix for ordinal and fractional numbers.


Stealth It: la tecnologia stealth (letteralmente "furtiva") è l'insieme di accorgimenti di varia natura (tattica, tecnica e tecnologica) che permettono di diminuire la propria evidenza all'osservazione da parte nemica. Wikipedia



Breve storia del mimetismo

La storia dello stealth trova un ottimo esempio il giorno in cui uno studioso ebbe difficoltà a ritrovare sui suoi negativi fotografici le tigri che aveva perfettamente distinto nel loro habitat naturale, quando aveva scattato le foto. Nello sviluppare la pellicole i felini erano scomparsi: le strisce gialle e nere del loro mantello si confondendo perfettamente con il sistema di ombre e sprazzi di luce verticale prodotto dalle foglie sottili dei cespugli. Le strisce della tigre: in una gabbia dello zoo non vediamo altro. Come le macchie del leopardo. Tuttavia nella natura questi pattern sono mimetici, e servono a nascondere i loro portatori.  Il fotografo capì presto i pregiudizi che aveva: primo, che non necessariamente dei colori vivaci rendono visibili, ma che nel caso della tigre erano perfetti per nasconderla nei capricci di luce della giungla. Secondo, che anche un animale temibile e aggressivo come la tigre ha bisogno di passare inosservato. Non solo per nascondersi, ma anche per sorprendere le prede. Infine, come la fotografia gli mostrò, l'immobilità della tigre la rendeva perfettamente invisibile agli occhi umani ed animali, mentre non ci sarebbe stata alcuna difficoltà nel vederla in movimento.
 Ci sono molti altri esempi che si possono portare sui motivi e sulle modalità del mimetismo animale, il più raffinato fino all'arrivo di quello umano.

In un sentiero una cavalletta salta sotto il naso di un escursionista. Per un breve istante dispiega le sue ali inferiori mostrando i riflessi rosa e blu e il passante la individua facilmente. Subito si posa: egli la cerca invano.  L'impulso luminoso che per una frazione di secondo si è impresso sulla retina umana  dopo che l'insetto ha ripiegato le ali le ha dato il tempo di cambiare direzione e di confondersi col suolo. Geniale: i colori vivaci erano uno stratagemma per confondere un possibile predatore.  

Il mimetismo nasce "per moda e per paura" (Caillois).

Nasce non soltanto con lo scopo di nascondersi.  Ma per confondere, dissimulare ( come gli ippocampi che coi loro peduncoli carnosi sembrano rametti e alghe che fluttuano nel mare) sfruttare debolezze ( come la cavalletta che sfrutta la lentezza degli occhi animali per fuggire), terrorizzare e sorprendere. Alcuni solo per passare inosservati a scopo difensivo, altri per poter rimanere invisibili sia a predatori che a prede (come la mantide religiosa Acanthops Falcataria che sfugge alla vista dei predatori mentre le sue prede gli si avvicinano senza sospetti).


Simulazione, attacco, difesa, attrazione, avvertimento: ogni specie animale ha sviluppato diverse forme di mimetismo per diversi scopi. Perchè dunque mi sono interessato a questo enorme campo di ricerca?

1999: metal gear solid

Ero un bambino quando mi innamorai di questo videogioco per play station 1 che non avrei più dimenticato. Questa la storia in breve:
Il migliore soldato del mondo, il cui nome in codice è Snake, ritiratosi da alcuni anni viene richiamato per un'ultima missione: infiltrarsi in una sorvegliatissima base nucleare segreta su un' isola al largo dell' Alaska, dove dovrà sottrarre dati importanti e soprattutto distruggere una pericolosa arma sperimentale.  Ma per farcela avrà bisogno di tutte le sue capacità, le quali includono spionaggio, sopravvivenza in ambienti ostili, combattimento corpo a corpo e con ogni tipo di arma, sabotaggio e molte altre.

Fin qua potrebbe sembrare il solito titolo sparatutto.



 La cosa diversa dai soliti videogiochi violenti, dove è auspicabile far saltare in aria le cose e uccidere più gente possibile, era la possibilità e spesso la necessità di agire in modo furtivo. Uccidendo il meno possibile, nascondendosi, e insomma facendo poco casino. Ci si poteva addirittura nascondere in una scatola di cartone e passare inosservati mentre dei soldati nemici camminavano accanto al protagonista senza accorgersi di nulla. Mi sono appassionato e ho speso parecchie ore della mia adolescenza con questo e altri giochi simili.
Crescendo ho poi scoperto di avere una certa propensione alla solitudine, al camminare anche per ore nei boschi e alla passione per il nascondino. 

Poi venne il parkour, ma quando mi capitava di riprendere in mano la play erano sempre i giochi di quel genere ad appassionarmi, anche se non ne capivo il motivo. O non me lo ero mai chiesto.




  

I boschi


Qualche anno fa iniziai, andando per boschi, ad incuriosirmi nei confronti degli animali che raramente e per puro caso mi capitava di intravedere: volpi, daini, caprioli, lepri, serpenti, cinghiali, uccelli. Ogni incontro durava un battito di ciglia o poco più, dopodiché sparivano come fantasmi. Questa loro capacità mi affascina molto e così ho iniziato durante le mie escursioni a stare più attento ai rumori, a guardarmi intorno, a camminare in modo un più discreto.  Piano piano sono diventato più bravo e ogni tanto riesco a vedere qualche animale, solo a scopo di osservazione. Non amo la caccia.  Appostandomi sono rimasto seduto o disteso tra le foglie morte o nella neve (evito l'estate, stagione adatta a merenderos e zanzare)  a volte per parecchi minuti attendendo rumori o qualche movimento tra gli alberi. A volte sono stato fortunato, altre no. Ma non posso lamentarmi: stare nel bosco immobile è sempre meglio che muoversi in una città dolorosamente rumorosa e movimentata.  Ho iniziato a stare più attento a come mi vestivo, imitando i pattern mimetici militari, abituando gli occhi alle tracce e ai sentieri tracciati dagli animali, imparato le basi del survival e così via. Da qualche tempo con un po' di impegno, riesco a osservare lepri e volpi senza farmi vedere subito, ma è molto difficile. La natura è un'ottima maestra.

il Parkour


La mia ricerca nasce dalla voglia di sviluppare un maggiore numero di abilità  che penso mi potranno tornare sempre utili.  E poi si adattano molto al mio carattere.
Il parkour mi ha dato strumenti come la forza, la resistenza fisica e mentale, l'equilibrio e la coordinazione per migliorare la mia capacità di spostamento, mi ha insegnato qualche elemento di arrampicata, a trovare soluzioni creative e ovviamente a superare ostacoli. E' la mia passione primaria e quella che preferisco. Ma ho capito col tempo che avrei potuto arricchire il mio tool box, attingendo allo stealth.

Più entro in questo campo più mi rendo conto di quanto ci sia da sapere, ma soprattutto da praticare.  Fare parkour in modo silenzioso offre solo vantaggi, gli stessi della pratica nel bosco, ma con in più un' estrema precisione nei movimenti. Un atterraggio silenzioso è più controllato, più preciso, meno usurante di uno chiassoso. Attira meno attenzione. Prova ad ascoltare i tuoi stessi movimenti. Già solo facendo questo vedrai come ti muovi meglio. con più controllo, con eleganza.


"Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?"
(Nanni Moretti- Ecce Bombo)


Lo Stealth


Lo stealth è uno stato mentale, un atteggiamento. E' una capacità allenabile come qualsiasi altra. Molte qualità dello stealth dipendono più da aspetti psicologici che fisici, benchè avere una buona dose di forza, equilibrio e consapevolezza spaziale sia utile.  Altre skills che fa comodo lavorare sono la memoria (nel ricordare la struttura di edifici e dei percorsi pianificati) e la capacità di gestire lo stress.
 Lo stealth è qualcosa di istintivo ma su cui ragionare.  Capire come muoversi, quando muoversi e quando stare totalmente immobili. Trovo interessante  allenarsi a muoversi piano e a stare fermo dopo anni ad allenarmi nell'essere veloce. Lo sto trovando un ottimo spunto per comprendere più profondamente le situazioni dell'ambiente. Mi sembra che muovendomi di notte tra edifici e vicoli stia iniziando a sentirne l'atmosfera, o potrei dire il clima che si respira. Un luogo non sembra più solo una struttura formata da pareti, bordi, tetti, asfalto ed angoli. Ma un piccolo mondo interconnesso a tutti gli altri da ogni via di passaggio possibile. L'abilità sta nel capire che aria tira in quell'angolo e nel passare inosservati tra questi piccoli mondi collegati. Spesso la parte più difficile ma anche interessante è trovare la via più inaspettata, anche se meno spettacolare e a volte non basta la vista per trovare quella via. Si direbbe più uno sforzo dell'istinto, anche se sembra un controsenso.  Qualcosa che rientra nell'ambito della  consapevolezza situazionale. Gli aspetti su cui mi sono più concentrato in questi sei mesi  sono stati:
  • Silenziosità
  • Immobilismo
  • Mimetismo 
  • Survival
  • Simulazione/recitazione
  • Osservazione/sorveglianza
  • Lancio di oggetti/uso di armi tradizionali
  • Spostamento/Infiltrazione/evasione
  • Lockpicking
Silenziosità:
filo conduttore e requisito fondamentale è l'essere silenziosi. Muoversi silenziosamente significa attirare poca attenzione, essere più consci delle persone e dell'ambiente intorno e più consapevolezza del proprio corpo nello spazio. Rimanere in silenzio, muoversi silenziosamente nel nostro mondo fatto di strade assordanti, piazze affollate e gente che urla per essere ascoltata significa avere un senso più sottile della realtà. Il silenzio è la base, il terreno dal quale si costruisce ogni voce, ogni mattone, ogni attività, ogni movimento. Il silenzio è yin, buio, fermo, calmo, discrezione, ombra. 
 Il silenzio è la base della mia ricerca.  Misuro ogni passo, decido come muoverlo, senza che i rumori e la disattenzione comandino. Nel correre, nell'atterraggio da un salto e nell'atteggiamento. Stealth è prima di tutto minimizzare il frastuono. Ascoltarsi.

Immobilismo:
 Per poter osservare animali selvatici come i daini e uccelli che possiedono un'ottima vista è necessario saper restare perfettamente immobili per lunghi periodi di tempo. In posizioni talvolta scomode.  Non è soltanto un'allenamento alla resistenza fisica dei muscoli ma è soprattutto una prova per la mente, che dopo pochi minuti trova irritante e assurda la mancanza di attività, così abituata ad agire, a fare, anche magari passivamente come quando si guarda un film stravaccati sul divano. Nel terreno umido di un bosco si oppone con forza  a mantenere l'attenzione sul momento presente. Non vuole seguire quella sorta di "corrente", quel flusso di vita che scorre nel bosco e la cui velocità cambia in base alla stagione e al tempo e che non si può più ignorare una volta che la si percepisce. Ma per entrarci bisogna rimanere calmi e buoni, muoversi con gesti misurati, in armonia con l'ambiente che ci circonda. "All'inizio è difficile, ma col tempo diventa naturale rientrare in quel flusso, dopo il caos scoordinato e pesante della città" (Mears) . La meditazione è un'altra via che porta alla stessa meta.  Insomma allenati a stare fermo. In piedi, seduto, o accovacciato. 

Mimetismo:
Lo scopo è, come detto prima, quello di confondersi con l'ambiente. Gli umani non possono cambiare il colore della loro pelle, ma hanno trovato delle tecniche raffinate, osservando gli animali, per scomparire nell'ambiente in cui si trovano.  In realtà  non ci sono tecniche misteriose per mimetizzarsi se non fare molta pratica e tenere in mente qualche  accorgimento : rompi la silhouette, non esporti , non indossare oggetti rumorosi o luccicanti, rimani  discreto, nascosto e basso. Evita di stagliarti su sfondi come il cielo. Non disturbare l'ambiente, osserva le forme e i colori dell'ambiente in cui ti trovi, usa vestiti con pattern specifici o usa materiale naturale (terriccio, argilla, fango, foglie, rami, erba, corteccia) confonditi con l'ambiente e nascondere la forma l'odore e spezzare le forme a V di inguine e ascelle.
Anche se poi sul campo è difficile ricordarli tutti e metterli in pratica, altrimenti sarebbero tutti invisibili e non verrebbero dedicati milioni di dollari nella ricerca militare di pattern mimetici, strategie di movimento e tecniche di scouting usate dalle forze speciali.
Il mimetismo umano è complesso. E' un misto di istinto, tecniche, allenamento, abitudini sensazioni. 


Survival:
non mi dilungherò molto, essendo un argomento soggettivo e quello meno legato alla mia ricerca degli ultimi mesi, benché centrale in quella del lungo termine. In poche parole qui parliamo di skills come: accendere un fuoco in modo controllato con mezzi artificiali e naturali e non lasciare alcuna traccia; saperlo accendere in qualsiasi condizione; farsi un riparo nelle condizioni di cui sopra; trovare acqua potabile, conoscere le basi del pronto soccorso, sapersi orientare, costruire attrezzi, rimanere lucidi quando si affrontano delle emergenze.

Simulazione/recitazione
L'arte di  di rendere credibile un'esistenza virtuale attraverso l'uso del proprio corpo. Voce, gesto, movimento, gesto, atteggiamento. Saper mentire e recitare una parte in maniera naturale e credibile può salvare la propria e le altre vite. La pratica rende perfetti, e a buon intenditore poche parole.
 
Osservazione/spionaggio:
Vedere senza essere visti.  Non destare alcun sospetto. Si, intendo proprio lo spionaggio fine a se stesso, per pura pratica stealth. Qui entrano in gioco le componenti di creatività, immobilismo, pazienza e sangue freddo. Osservare senza essere visti è la base per qualunque altra attività. Per conoscere le caratteristiche del territorio prima di una missione notturna in un luogo sconosciuto, per valutare i movimenti dei "nemici" e sapere come interagire con essi. Tutte le circostanze possibili sono incluse. Osservare i movimenti e le abitudini di una persona, di un gruppo, di un'ambiente in particolare e in vari momenti della giornata.
"In questa epoca è difficile che qualcuno ti insegua con il deliberato desiderio di ucciderti. Ma all'epoca del Ninjutsu dovevi essere pronto ad affrontare il rischio della morte ogni giorno, se eri un ninja. Quindi la preparazione era incredibilmente severa" (Gingetsu Itoh).
Mi alleno con l'idea di avere un corpo abbastanza in forma da poter affrontare una fuga o una lotta, e una mente reattiva come un fulmine. "Il praticante di Ninjutsu allena duramente i riflessi e la propria velocità tanto da riuscire a confondere, stordire e terrorizzare l'avversario nell'attimo in cui questi sbatte le palpebre. Ecco perchè si è sempre creduto che i ninja avessero abilità sovraumane"- Gingetsu Itoh).



Lancio di oggetti:uso di armi tradizionali:
Solo per diletto, senza alcun uso su oggetti, persone o animali. Gli strumenti che mi sto addestrando a usare sono il Fukiya, la fionda, e i comuni ciottoli.  Il Fukiya è l'antica cerbottana giapponese, usata da ninja, ronin e mercenari. Utile perché facile da nascondere e camuffabile ( come i monaci Zen Komuso, che  durante il periodo Edo viaggiavano per il Giappone col loro flauto, ma che non destando sospetti potevano superare liberamente i confini dei feudi ed erano spesso assoldati come mercenari ).  La fionda è uno strumento meno silenzioso del Fukiya  ma più adattabile. Offre una gittata decisamente maggiore e una migliore reperibilità dei "proiettili".
Sia per l'uno che per l'altra ho dedicato diverso tempo nell'imparare a costruirmi questi strumenti da solo, evitando di comprarli. Ma perchè perdere ore ed ore di lavoro, giorni di tentativi  quando avrei risparmiato tantissimo tempo nel comprare qualcosa di già fatto, probabilmente più solido e più preciso?
 Perchè credo che imparare attraverso tentativi e fallimenti sia:

  • utilissimo per imparare un'arte, perchè in questo modo si passa attraverso tutti i dettagli del processo di apprendimento che altrimenti si perderebbero. 
  •  enormemente più proficuo nel lungo termine. Intendo che con diversi tipi di materiale, in qualunque parte del mondo, so costruire e utilizzare una cerbottana, una fionda (e altri strumenti di più quotidiano uso) con discreta precisione.
  • come il classico proverbio dell'uomo che ottiene un pesce mangia per un giorno ma se impara a pescare mangia per tutta la vita, il livello successivo è imparare a costruirsi la propria canna da pesca. In una parola Antifragile. 
  infine i comuni sassolini sono utile come mezzo per distrarre, più che per colpire dei bersagli. Sviluppare una certa precisione e potenza  potrebbe tornare comunque comodo un giorno.

Lockpicking:
L'arte di aprire serrature e lucchetti. Io ci ho lavorato solo a scopo ludico e didattico e non ho mai provato ad aprire serrature o lucchetti privati o senza il permesso del proprietario. Su internet si trovano facilmente dei kit per il lockpicking a prezzi bassi, adatti a fare pratica ma di bassa qualità. ho preferito dedicare del tempo a costruirmi da solo i miei grimaldelli, con alcuni accorgimenti. Sottolineo il fatto che costituisce reato penale ai sensi dell' articolo 707 il porto e ovviamente  l'uso di grimaldelli. Se scegliete di portarli in giro e di provare ad aprire serrature e lucchetti NON FATELO!


Spostamento/Infiltrazione/evasione/esplorazione urbana




Spostamento: naturalmente il parkour è un enorme aiuto.  Ma da non sottovalutare c'e la tattica dell'uomo grigio, ovvero la capacità di passare inosservati. Nascondersi in piena luce. Come si intuisce ogni abilità nello stealth è in qualche modo collegata alle altre. L'esplorazione del territorio fa parte della biologia umana, quindi niente di nuovo. I luoghi abbandonati e i posti in cui non si suppone uno vada mi attraggono. Durante quest'ultimo anno, in particolare durante il lockdown, ho allenato maggiormente questi ultimi aspetti associati al non farmi vedere.  Percepivo chiaramente di sera la quantità di persone che stavano in casa, spesso osservando la strada da dietro le tende, per vedere se ci fossero altri che non rispettavano le indicazioni. Avvertivo una certa ostilità, simile a quella che si può provare in ambienti naturali ostili. Evitando ovviamente di infiltrarmi a casa di terzi, ho lavorato sull'entrare in casa mia senza farmi vedere da nessuno, cercando di non attivare il sensore di movimento con lampadina alogena integrata  che si trova subito sopra il portone di ingresso (leggere il prezioso post di Gato a riguardo, questo) . Ad oggi non sono ancora mai riuscito a eluderlo. Le possibilità in questo genere di giochi sono infinite.

Infiltrazione :Superfluo dire che non mi è mai passato per la mente di  infiltrarmi in strutture private, uscendone senza toccare nulla e senza lasciare traccia ;).

 Evasione: non solo da strutture, ma anche da situazioni con persone. Ho incluso uno studio, anche se superficiale, delle tecniche usate dal medioevo ai giorni nostri per far perdere le proprie tracce durante una fuga o stordire momentaneamente degli inseguitori. Un modello sono le tecniche di guerriglia di popoli occupati, le bombe fumogene e le flash bomb usate dai ninja, abbastanza facili da riprodurre e che creano un forte bagliore, come si vede nel video.
Ka Ton No Jutsu, l'arte di usare luce e fuoco.

 Ma non si tratta solo di agire in modi violenti o subdoli, come potrebbe sembrare. Può capitare di essere trovati durante un'esplorazione o una missione notturna, e lì vanno messe in pratica altre capacità ( Ninjalicious la definice "social engineering") utili per poter uscire da situazioni scomode. Saper parlare, persuadere, impressionare positivamente per non essere presi per dei criminali. Anche qui gli scenari possibili sono molteplici, e per ognuno bisogna sapere che strategia adottare.
Chi pratica parkour sa quanto è importante saper avere a che fare con passanti, forze dell'ordine, prorietari di luoghi che usiamo come spot.  Intervengono qui aspetti psicologici  e sociologici  da non sottovalutare. Si può dare un'occhiata alla bibliografia in fondo al post.




Conclusioni:

Mi addestro e pratico nella mia piccola Gotham personale, la grigia e sporca Varese. nei suoi angoli più bui, più inaspettati. Lo stealth è un processo di apprendimento e di adattamento a meccaniche biologiche e psicologiche ancestrali. Nascondersi, muoversi furtivamente, spiare e colpire sono azioni che abbiamo fatto per migliaia di anni come cacciatori/raccoglitori. Il lavoro sta nel riapprenderle, raffinarle grazie alle conoscenze di oggi e adattarle all'ambiente in cui operiamo, ai nostri modelli fisici e mentali. Insomma, come nel parkour, grande libertà. Ma necessaria molta pratica per interiorizzare queste abilità, come per ogni abilità del resto.





















Bibliografia
  • Roger Caillois 1963, il mimetismo animale
  • Raymond Mears 1991, Manuale pratico di sopravvivenza
  • Gingetsu Itoh 2002, Gendaijin no Ninjutsu
  • Ninjalicious, 2005, Acces all areas, a user's guide to the art of urban exploration
  • Alan S. North,  1990, The urban adventure handbook.
  • Nassim Taleb, 2012, Antifragile, prosperare nel disordine

mercoledì 25 marzo 2020

La porta senza porta

Come molti che sono costretti a casa da questo virus e da questo momento storico mi sono ingegnato anche io nel creare una routine da seguire che includesse allenamento, lettura, scrittura e l'apprendimento di nuove skills. Oltre a questo pochi giorni fa il mio 31esimo compleanno, festeggiato con challenge proposte dai miei allievi, alcune fisiche altre mentali. Prove interessanti chi mi hanno divertito. Fino a quando un caro amico, l'Uomo Ozioso in persona, con un sorriso amichevole e laconico mi ha invitato a risolvere un koan.

Poche e semplici regole.


Immobile. In piedi contro un muro bianco. Gli  occhi aperti. Per un'ora. In silenzio.

Qualcosa di semplice, ms lontano dall'essere facile.  Nel momento stesso in cui sentivo le sue parole descrivermi la sfida durante la videochiamata ho sentito dentro quell' emozione. Quella di molte sfide e battaglie già combattute.  Quella che si prova la notte prima di partire per un viaggio. Era da diverso tempo che non tentavo una sfida simile, puramente mentale..eppure così fisica! A dir la verità non avevo mai provato qualcosa di questo tipo. l'incontro, o forse lo scontro della mia volontà contro un muro inamovibile. 
Un muro bianco. 
Tutto quello che è successo tra la prima e l'ultima campana rimane un processo interiore. Non per un qualche esoterico segreto, ma solo perchè ha senso leggerne e parlarne solo dopo che lo si è provato.
E' difficile spiegare i motivi che mi spingono a fare queste sfide, e spiegare in che modo c'entrano col parkour. Però posso invitare chiunque a provare. Provare e capire cosa si prova. sono esperienze particolari e personali che secondo me ognuno dovrebbe sperimentare sulla propria pelle per capirne il valore, o l'assenza di valore.  Come ho detto è soggettivo.  Prova. 

Una porta senza porta. Ma che forse porta ad altre porte.