Non scrivo da un bel pò, ma se non lo faccio è perchè ho deciso di
smettere di scrivere nobili pensieri per poi applicarne un decimo. Ora infatti
scrivo perchè non sto applicando e forse rispolverare questo vecchio diario può
tornare utile per ricordarmi cosa devo
fare.
Non sto a elencare in cosa sono cambiato quest'ultimo anno e come è
cambiata la mia pratica. ma siamo cambiati entrambi. La lezione che oggi butto
giù e che voglio tenere in mente mi è stat impartita da un vecchio amico di
poche parole e molti fatti e che coi
fatti dimostra la propria saggezza. In breve: la mia tecnica si sa che è quella
che è, e se lascia a desiderare è colpa mia. Mai sentita cosa più ovvia e
banale, no?
NO.
Non è affatto una cosa ovvia, quando, vedendo un precision che credevo
impossibile per le mie capacità, l'amico Netero mi spinge a farlo con quella
sua ironia semplice e genuina che odio/amo,
che mi fa sentire così debole per ciò che sono e potenzialmente così
forte per cosa potrei fare, se solo mi impegnassi. La parola chiave qui è PASSIONE.
Ho chiamato questo amico Netero perchè dopo aver fatto una quindicina di volte
al livello 2( stesso precision del livello 1 ma un pochino più alto, quando
pochi minuti prima credevo di non poter fare neanche l'uno) siamo andati a
stretchare e mi ha raccontato questo episodio di un anime che segue. La
passione ha spinto Netero a ritirarsi per molti anni e ad allenarsi da solo,
raggiungendo per l'amore delle arti marziali ( e non per i video, la gloria, l'ammirazione ) e
senza essere spinto da nessuno gli
spaventosi risultati cui è giunto. Io ho accettao con un pò di dispiacere ( ma
non in via definitiva) che a volte mi serve farmi spingere per raggiungere un
certo risultato. Ma al mondo siamo soli. E non possiamo sempre confidare in
qualcuno che ci inietti fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità, dobbiamo
trovare dentro di noi la forza per superare quella paura,almeno ogni tanto.
Pena l'incapacità di gestire autonomamente la mente, il corpo e quindi la
nostra intera vita. Il breaking jump è la metafora perfetta. Ha più valore se
siamo soli a farlo, ancora di più se la telecamera è spenta, ancora di più se
non crediamo affatto di poterlo fare ma alla fine lo facciamo. Ed è una così
grande e intima soddisfazione che siamo quasi restii a raccontarlo, ci sembra
di raccontare a uno sconosciuto un segreto, poichè abbiamo raggiunto qualcosa
che pochi momenti prima sembrava
impossibile con le nostre sole forze. Da soli, in quell'angolo di strada, nel
parco vicino casa coi vetri in giro, e dove i passanti non vedevano nulla noi
abbiamo combattuto una battaglia e l'abbiamo vinta. Il tramonto sembra quasi
più dolce, nello stretching di quel giorno, quasi a baciarci per farci un
complimento. Ma mi sale un barlume di consapevolezza. Oggi quel salto sono
riuscito a farlo solo perchè c'era lui ad aiutarmi. Non è che abbia realmente
meno valore quel salto solo per questo motivo, ma mi fa comprendere quanto da
solo sia, almeno a volte, arrendevole, prigro a non perfezionare un movimento
ripetendolo ancora e ancora. Quanto poco controllo abbia effetivamente sul mio
corpo, sulle mie scelte, sui miei movimenti. E Tanto basta. Ho scelto di
scrivere oggi solo per ricordare a me stesso quanta strada c'è ancora da fare e
quanto può essere bello farla. Insieme o da soli. A presto.
Mi piacerebbe ti facessi vedere qui più spesso, non solo quando non applichi.
RispondiEliminaPer come la vedo, lo scrittore ha lo stesso fine del pittore impressionista: le sue opere possono cambiare chi le guarda, ma non è per quel motivo che le compie.
L'uomo è animale sociale, diceva Aristotele, e per quanto sia vero che ogni salto lo fai da solo allo stesso modo è piacevole avere un compagno di allenamenti con cui confrontarsi e che funga da specchio dei tuoi progressi. Sono felice che tu sia tornato a scrivere.
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