venerdì 18 agosto 2023

Islanda 2023- Laugavegur Trail e Fimmvorduhals, seconda parte

 giorno 3: Il Fimmvorduhals, l'arrivo all'oceano e il ritorno a Reykjavìk

Il velo di nuvole sopra il ghiacciaio, dal quale nasce il vento del male che mi ha distrutto per tutto il terzo giorno.



Ho dormito dalle 23 alle 5 di un sonno profondo, senza sogni, anestetico. E poi l'orrore. Quando mi sono alzato entrambe le ginocchia mi facevano un male lancinate. Mi sono dovuto appoggiare alla balaustra per superare i 3 gradini che portavano ai bagni. Scendere da quei 3 gradini invece è stato molto peggio. Bene, mi sono detto. Magari questa volta l'hai imparata la lezione, pistolero. Dovevo sbattere il muso contro l'ego ancora una volta. In ogni caso ho preparato un bella colazione sostanziosa, ho scritto un pò e sono ripartito nella fresca mattina verde tra gli alberi, che sarebbe cambiata presto. Molto presto. 



La salita è iniziata poco dopo aver costeggiato il fiume. Sale molto rapidamente e per un pò, scaldandosi, mi sembrava che ginocchia a caviglia stessero bene, almeno a salire. Finiti i primi 800 mt di dislivello rimaneva solo muschio, intorno. E i ghiacciai  Eyjafjallajokull  e Myrdalskokull di fronte a me. Il primo, enorme, sembrava Il massiccio della Maiella in inverno ma molto, molto più grande. Solo dopo ho scoperto essere uno dei ghiacciai più piccoli dell'Islanda. Rimaneva alla mia destra mentre camminavo e lentamentre si ingrandiva e si avvicinava. Il secondo invece prendeva quasi un terzo del mio campo visivo, salendo lungo le pendici del  Fimmvorduhals, e non era che una minuscola lingua di ghiaccio che si protendeva verso di me rispetto all'enormità della sua estensione. Mi sentivo come una formica che vede solo un pezzetto di bordo del coperchio di una gigantesca pentola, il cui orizzonte supera di gran lunga la portata dello sguardo. Mi rendevo conto a livello immaginativo della sua grandezza, ma anche così faceva una certa impressione. Era stupendo quel senso di piccolezza umana e insieme di coraggio nell'esplorare deliberatamente qualcosa di così vasto e potente. Varie lingue, solo le più periferiche della propaggini di ghiaccio erano visibili come tentacoli che stringevano in un gelido abbraccio tutte le montagne alla mia sinistra.
Qui è iniziato il vento fortissimo che mi ha accompagnato per tutto il giorno. Come negli altri due precedenti, solo molto più forte. La mattina del giorno precedente le raffiche che hanno quasi strappato la mia tenda nella piana di Alftavatn sono arrivate a 50 km orari. Qui, secondo il meteo, erano di circa 80 km/h  con punte di 90. A 80 km/h lo strato di calore che produciamo naturalmente è risucchiato via, ed era quello che sentivo nonostante avessi addosso tutti i vestiti che avevo.  La pressione del vento spinge contro i vasi sanguigni del cranio provocando mal di testa.  Le mie articolazioni, già duramente provate dovevano gestire il triplo del lavoro propriocettivo per tenermi in piedi nelle raffiche, infatti nei tratti in discesa a causa della stanchezza ho battuto il mio record arrivando a prendere 5 mini distorsioni alla stessa caviglia. L'orecchio esposto al lato del vento faceva male, nonostante tutti gli strati, compresa la giacca antivento. Il vento oltre a essere forte era anche gelido, causando il problema del wind chill e facendomi percepire una temperatura molto inferiore a quella reale. Non mi rimaneva che tenermi in movimento costantemente.












Sopra il ghiacciaio più grande, quello alla mia sinistra, era addirittura possibile  in diretta la nascita delle nuvole. L'aria sopra il ghiaccio, cerca di scendere lungo le sue valli a gran velocità a causa della differenza di peso rispetto all'aria più calda intorno e una parte viene sparata in alto, dove si condensa immediatamente in nostri di nuvole gonfie e scure. Tutta l'aria che avanza viene spinta come in una condotta forzata attraverso la valle che ci divide fino a dove mi trovavo, prendendomi continuamente a schiaffoni gelidi. In cima al punto più alto raggiunto si trovava il Magna, un cratere nato nel 2010 che ho scavalcato pensando che stavo camminando su una baby montagna appena nata. In tempi geologici questi pochi anni sono praticante un battito di ciglia. Il terreno nerissimo era battuto costantemente dal vento, tanto da polverizzarsi in una sabbietta abrasiva che si infilava ovunque, col vento. Era però un tratto veramente epico. Mi sentivo stupidamente euforico, tutto imbacuccato e ingobbito contro il vento, ad attraversare un tratto di deserto solo. Solo i pali gialli e neri a segnare un sentiero invisibile, a parte qualche impronta recente che stava già venendo sfumata dal vento. Salite e discese, le ginocchia che bestemmiano, ancora altri sali e scendi, di cui una discesa su terreno franoso che mi ha fatto scivolare di culo per alcuni metri su un una sorta di sabbia giallo ocra umida e morbida che aveva sotto il ghiaccio. Meglio, mi ha fatto fare meno fatica. Sono finito in fondo a una piccola valle piena di crepe ghiacciate o fangose, affondando fino alle caviglie. Poi un'altra salita su un pezzo di ghiaccio che nascondeva tra le crepe delle sfumature di blu intenso, e arrivando in cima...ho visto finalmente l'oceano. Linea  grigia nascosta tre le nuvole. 



Ancora molto lontano, ma era li che sarebbe finito il mio trekking. Il dolore alle ginocchia purtroppo è peggiorato sensibilmente, altrimenti quella sarebbe stata la giornata più epica di tutto il viaggio. Lo è stata ugualmente, ma la lunghissima discesa fino all'oceano è stata la parte più dolorosa, purtroppo. Il vento spingeva di qua e di là sempre, cattivo. Superato l'ultimo bivacco, il Baldvinsskali,  la discesa prosegue infinita. Purtroppo a causa del dolore non mi sono goduto le stupende cascate del fiume Skoga, famoso solo per l'ultima che è davanti all'oceano, la cascata Skogafoss. Ma anche tutte le altre che la precedevano erano incredibili. 







Giunto infine a Skogafoss,  alle 16 ,( foss significa cascata in islandese), ho piantato sul prato la tenda, come al solito. Sono partito alle 7 e 30 quella mattina. 25 km ,1800 mt di dislivello in condizioni decisamente dure. Qui finisce il mio trekking. un totale di circa 80 km in 3 giorni, con alcuni dei panorami più incredibili che  abbia mai visto. Surreali, duri, a volte quasi alieni, solitari o allegri, come le lande deserte il ribollire rumoroso dell'acqua nelle solfatare.



Una delle avventure più dure e più belle della mia vita. Se tornassi indietro la rifarei solo un pò più lentamente, per godermela.



 

Quella notte ho dormito senza neanche i tappi, nonostante il fragore della cascata lì vicino. La mattina dopo ho provato a fare autostop fino a Reykajvìk ma nessuno mi ha tirato su, così alla fine pagando ho preso il pullman che mi ha riportato in città, dove mi sarei goduto un pò di riposo.









Reykjavìk


Avendo fatto il trekking così rapidamente i miei calcoli sui voli e sui giorni che avrei passato in città si sono un pò sballati. Ma questa è stata un'opportunità per rendere più profondo il legame con la parte più sociologica dell'Islanda e degli islandesi. Viverne solo la natura avrebbe rappresentato solo una fetta, per quanto buona e abbondante, dell'esperienza ISLANDA. Quindi ho passato altri 5 giorni  Reykjavìk tra esplorazioni, riposo, e il mio grande vizio: passare in rassegna TUTTI  i negozi di materiale da escursionismo della città, sbavando per tutto quello che vorrei comprare e che non posso permettermi. Non sto a raccontare ogni cosa vista della città, ogni angolo e ogni gatto (ci sono molti gatti che si fanno coccolare nei negozi o nei dintorni delle case). Metterò qualche foto e pochi dettagli. 
Appena sono arrivato in città, scendendo dal bus, ho sentito una musica provenire da qualche incrocio più avanti e sono andato ad indagare. Bandierine  e vestiti arcobaleno ovunque.  Dopo quei giorni di silenzio e solitudine sono stato letteralmente investito dal pride che ho scoperto si teneva quel giorno in città. E' stato bellissimo ricevere un benvenuto del genere, o così almeno io l'ho sentito. Carri, musica a palla, c'era una grandissima energia, quel giorno. Ho seguito il corteo fino al parco della città dove si sono riunite migliaia di persone. Ok, così era un pò troppo per iniziare. Dopo un pò sono andato in ostello a registrarmi e a riposare.
la cazzedrale della città.




 
Una mattina, annoiandomi perchè non sapevo cosa fare ( cosa importantissima, annoiarsi, quando si viaggia) su consiglio di un amico ho disegnato un pò. Come nel processo dello stone balance non mi importava del risultato, volevo solo imprimere le mie emozioni di quel momento con scorci, edifici, o attimi casuali, che casuali non sono mai. 
Un'altro giorno mi sono regalato l'esperienza delle terme di Sky Lagoon, nuovissimo impianto termale fuori dalla città che dà direttamente sul mare. Stupendo e non affollato come pensavo.

Un'altro giorno non sapevo bene cosa fare, per via dei pochissimi soldi rimasti. Così ho controllato sul conto corrente, per sapere quanto piangere. E ho scoperto, che l'infame compagnia aerea delle 6 ore di ritardo mi aveva rimborsato i soldi del viaggio. Miracolo. Allora ho deciso di farmi qualche piccolo regalo, grazie a questa botta di culo, e sono andato a mangiare cosine sfiziose, tra cui il famoso e incredibile salmone islandese. un blocco di 400 grammi di salmone che mi sono fatto in padella a colazione, incredibile. Oppure il ramen più buono della città. E un altro giorno ho prenotato il giro in barca per andare a vedere le balene. Balene non ne ho viste, a parte qualche pinna che affiorava per un attimo, però ho visto le pulcinelle di mare, e comunque è stato bello vedere la costa e la città da lontano,  in mare quasi aperto.




















Ho avuto dei momenti di inquietudine, osservando il tramonto alle 23 passate, e dei bei momenti di pace, nella vasca di sky lagoon o facendo un pò di Tai Chi davanti all'oceano. Durante uno di questi momenti di pace ho sentito giungere a qualcosa, nella mia mente. un traguardo, forse un'intuizione. ma è sfumata appena ne sono diventato cosciente, ed è sparita, qualunque cosa fosse. Peccato. 
 A volte invece era un pò dura essere da soli a godere di questa bellezza, e nessuno di importante con cui condividerla. In ogni caso questi luoghi mi hanno lasciato qualcosa dentro, come accade sempre durante i viaggi. Non mi resta che tornare in futuro, perchè non ne ho visto che una minima parte.


Vorrei sapere 
come mi sento, Islanda,
tu mi confondi.

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