sabato 23 dicembre 2023

Rituale del solstizio d'inverno

 



L'autunno e l'inverno sono le mie stagione preferite. Sento un legame col freddo, con gli alberi liberi dalle foglie e con l'aria tersa e pungente. Quasi tutte le notti in cui ho dormito nel bosco le ho fatte in questo periodo, dove, libero dagli insetti e dalle masse di escursionisti rumorosi, posso guardare la luna filtrare tra i rami in pace.

Solstizio d'inverno: il giorno più corto dell'anno, quello in cui il sole appare più basso sull'eclittica. Un  fenomeno dovuto all'inclinazione dell'asse terrestre ma che ha formato culti e religioni da migliaia di anni.

 Per celebrare il primo giorno di inverno ho deciso di eseguire un rito. Ho scelto di fare l'ennesima notte fuori, mentre le altre persone passano il venerdì sera a bere spritz nei locali o sul divano a guardare la tv. Ma ho deciso di eseguirlo con vari passaggi:

  • raggiungere il luogo del rituale al buio, camminando su per la montagna guidato solo dalla luce della luna, che in questo momento è nella fase di gibbosa crescente;
  • arrampicarmi su qualche albero al buio, contando solo sul tatto e sulle ombre e luci prodotte dalla luce della luna tra i rami;
  • passare la notte fuori senza accendere il fuoco e con equipaggiamento mediamente minimale.



Lasciata l'auto all'inizio del sentiero, mi sono sentito un cretino ad aver avuto questa idea. Il sentiero appariva assolutamente nero. Il vento faceva scricchiolare gli alberi muovendone la cima, lassù. Pochi minuti dopo però gli occhi hanno iniziato ad abituarsi, ma il timore di stare in un ambiente ostile è giustamente rimasto. Mentre camminavo istintivamente con più attenzione e più lentamente ho osservato questo timore, frutto della specie a cui appartengo, quella umana,  che non è notturna. Inoltre sono leggermente miope, quindi non se ne parlava di fare affidamento sulla vista. L'unico vero rischio in realtà ho scoperto essere i rami sottili dei faggi sospesi ad altezza occhi sul sentiero. Invisibili, troppo sottili per avere sostanza alla luce della luna finiscono facilmente negli occhi. Nel bosco, di notte, ci si sente giustamente una preda, e si agisce di conseguenza: camminavo lentamente, mi fermavo spesso col fiato sospeso per sentire rumori anomali, per poi proseguire con calma. 



Lentamente il timore è andato scemando ma sempre tenendo le orecchie ben aperte per evitare incontri troppo ravvicinati. 
Ho preso in considerazione la possibilità di incontrare cervi o cinghiali, ma l'importante è non incontrarli quando è troppo tardi per non farli sentire minacciati. Inoltre col vento sarebbe stato difficile sentirli camminare sulle foglie secche. Infine sono arrivato alla mia meta, e dopo aver scaricato lo zaino ho iniziato ad approcciare qualche albero. 
La sensazione è stata molto particolare. Inizialmente ci si sente insicuri, poichè pur con gli occhi abituati all'oscurità non si distingue bene dove sono i rami cui aggrapparsi, confusi nella prospettiva. Ho allungato una mano, sicura che avrebbe sentito la corteccia rugosa del faggio, stringendo un'ombra. Quindi le prime salite e discese sono state caute e senza salire troppo. Dopo averne fatte un paio anche con la torcia frontale, per poterle condividere sui social, l'ho lasciata a terra e sono risalito. 
Salivo, e guardando in alto tra i rami la luna mi aspettava. Ero su un faggio abbastanza alto, forse potevo toccarla, mi sono detto. Salivo tra rami morti e vivi, lentamente. I piedi nelle forcelle. Le mani a stringere i rami il meno possibile. 
 La luna si avvicinava. Potevo quasi toccarla.


Raggiunta la chioma, sono sbucato con la testa in cima al faggio. Guardandomi intorno la sua luce inondava  tutte le montagne intorno, poi i paesi giù a valle e in lontananza le montagne coperte di neve, ma sopra di me, la luna non si è voluta far toccare. Questa impossibilità mi ha commosso, in quel momento. 
Sono rimasto qualche minuto così, dondolato da un vento tiepido che faceva oscillare l'albero a cui ero aggrappato.
C'e' una bellezza nel luogo che frequento spesso, (quello che io chiamo il mio eremo), difficile da descrivere. In inverno questo altipiano ricoperto di faggi e punteggiato da massi di granito vulcanico offre al contempo uno spot incredibile per allenarsi, un luogo perfetto per meditare, uno spazio per fare pratica di tecniche di bushcraft e una casa per me, persona inquieta che non ama stare chiusa in casa. Io mi sento nel luogo giusto, quando sono lì. 


Assaporando sempre quel senso di mistero impenetrabile che sento quando sono tra i sassi, come se sussurrassero cose importanti in una lingua che non sono in grado di capire, sono sceso dall'albero. Ho preparato il rifugio per la notte e mi sono cucinato la cena col fornello. Troppo secco e troppo ventoso per fare un fuoco in condizioni di sicurezza. 
La luna era sempre li, mentre cenavo guardandola. Poi una tisana prima cdi infilarmi nel sacco a pelo. Le foglie secche sono venute a farmi il solletico. 




La notte è passata con  qualche risveglio brusco, quando una folata faceva sbattere il telo, ma non avutro incontri con animali. L'alba del secondo giorno d'inverno mi ha accolto rossa e meravigliosa alle 7 e 40, inondandomi di luce dal mio cantuccio caldo 




Dopo colazione ho meditato un pò e sono sceso a malincuore verso casa. Il rituale è stato compiuto!



"Mentre l’Italia sgomita nelle ferie, io quassù, da solo, sto bene, ma è difficile. La solitaria vita di un eremita poco deciso è ardua. Da un lato la bellezza del luogo, con unici interlocutori gli animali del bosco, gli uccelli e i corvi imperiali che lasciano cadere i loro cra come sassi sulla testa. Dall’altro, il richiamo della gente, della fama, della visibilità. Due forze che tirano la corda con questo vanitoso in mezzo a farsi dilaniare. Ma prima o dopo resterò quassù, magari per sempre, sepolto sotto un larice (le ceneri) coi cervi che mi fanno la cacca sopra. E i cinghiali che raspano per cavarmi fuori perché gli sto sul cazzo e la neve che eviterà tutto questo, coprendomi e tenendomi al calduccio. "
Mauro Corona, I segreti della montagna





2 commenti:

  1. Ciao Ghost! Come al solito ci porti in giro per la natura con la tua poesia. Spero tu sia soddisfatto di questo rituale che hai compiuto, leggendolo ho avuto l'impressione che fosse quanto di più appropriato, per la stagione, per la montagna e per te! Come sempre hai suscitato in me grande ispirazione e anche nostalgia per quel posto, che hai reso significativo e memorabile anche per me. Vorrei chiederti se hai intenzione di ripetere questo (o un altro) rituale, e se si con quale frequenza, cioè se seguendo i ritmi naturali o il tuo volere.

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  2. Mi metto in gioco ogni giorno per cercare di migliorare nella pratica del parkour, e cado nel mio limbo nero quando non ottengo ciò che vorrei, quando è ad un passo da me ma non arriva, però poi leggo quello che scrivi e tutto prende un'altra forma.. quello che faccio non significa nulla quando leggo di questo "ristabilire gli equilibri" con la natura, cosa che fa parte di noi umani, perché siamo nati come animali e come tali abbiamo bisogno di ricongiungerci con quella parte che piano piano sta scomparendo, resi troppo civili.. interpreto questo tue esperienze parte di una pratica che non necessita di performance, di competizione, di saltare e saltare per allungare di mezzo passo il massimale... si è soli con sé stessi e la natura, e basta... tutto finisce lì eppure non è mai abbastanza

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