In Trentino c'e' un uomo, un mio coetaneo, che nel 2018 ha percorso a piedi i 4218 km del Pacific Crest Trail, un sentiero negli Stati Uniti. Una volta tornato ha deciso, dopo varie vicissitudini, di diventare una guida. Di accompagnare le persone alla scoperta di quella dura bellezza che la natura sa offrire, quel segreto che si svela solo a chi fa la fatica di inerpicarsi con le proprie forze lassù, tra le montagne. Io ho conosciuto Lorenzo perchè cercavo info su quel famoso sentiero da lui percorso, ma poi l'ho contattato perchè mi interessava la sua visione dell'hiking, molto simile alla mia. Infine qualche anno fa ci siamo trovati a camminare per un paio di giorni insieme, in questo percorso. Dopo quella volta mi sono ripromesso che non avrei più camminato in montagna in compagnia. Sia perchè sono un solitario sia perchè ho bisogno dei miei ritmi, di pause di contemplazione. Correre in autostrada non fa per me. Ho bisogno di prendere strade lente per apprezzare il mondo intorno.
Poi però Lorenzo nella figura di guida ha proposto qualcosa che appena ho visto ho subito sentito come una sfida per le mie capacità di hiker indipendente che si sta facendo le ossa con percorsi sempre più lunghi fatti in autonomia: un trekking di 10 giorni e 160 km attraverso le alpi, alla ricerca di spazi poco frequentati e selvatici, belli e aspri. Nudi come la roccia.
In autonomia.
Così ci siamo di nuovo sentiti per chiedergli informazioni varie su date, percorso, capacità necessarie ecc.
Troppo interessante ma...
Fino a pochi giorni prima della partenza ero in dubbio. Ho un ginocchio che tende a fare i capricci quando deve affrontare lunghe discese, e nell'unica altra esperienza di trekking in compagnia ( proprio quel sentiero fatto con lui e un altro amico) si era infatti infiammato già alla fine del primo giorno, su un percorso di due. Temevo davvero di non essere in grado di completare qualcosa di simile. Il massimo che avevo fatto era stato un trekking di 4 giorni, con molto meno peso nello zaino, meno dislivelli, meno kilometri. E soprattutto andando al mio ritmo. La cosa che più mi turbava era il dovermi adattare agli altri. Però...quando ricapita un'occasione simile?
Ci ho pensato a lungo. Alla fine ho deciso di proporre la mia partecipazione in cambio della mia esperienza con l'allenamento, la preparazione fisica e per la prima volta con la condivisione della mia ricerca sulla meditazione e sulla pratica del Buddhismo Zen.
Lorenzo ha accettato e il primo passo era fatto. Non si torna indietro, nonostante i dubbi.
Così è iniziata la pianificazione sull'equipaggiamento necessario, sul cibo da portare per i primi 5 giorni ( il resto lo avremmo ottenuto nell'unico paese attraversato nei 10 giorni di trekking, poco oltre la metà del percorso) e sull'atteggiamento da portare come partecipante e come guida sui temi di cui fra poco parlerò.
il viandante sul mare di nebbia e il mio zaino pronto al viaggio. Il mio caro carlino 2.0 |
Perchè Thru Alps
L'idea da cui nasce questo trekking è che per potersi immergere davvero nelle sensazioni che la natura offre, sia spiacevoli che piacevoli, serve tempo. Serve rimanere lontano dalle continue distrazioni che il mondo ci propone, dai comfort della casa e dei servizi sempre pronti per una quantità di tempo sufficiente a riaprire gli occhi alla realtà che abbiamo davanti. Che è fatta di altro. E' fatta proprio di quelle sensazioni che abbiamo dimenticato di poter vivere come normali. E' fatta di molte migliaia di passi fatti in silenzio per poter scendere in profondità nei propri pensieri. Di panorami che sembrano eterni e sono continuamente cangianti, di ricominciare a esplorare sè stessi non più distratti ma finalmente presenti, presenti a ogni passo che si compie con attenzione, per non inciampare.
Come dice Lorenzo nel suo sito, coltivare la bastevolezza.
L'inizio del percorso
il primo shake down. |
Il giorno prima dell'inizio del trekking sono partito da casa per poter riposare la notte a Trento, dove ho prenotato un hotel. Città bollente, che però si rinfresca un pò la sera dove ho girato, bevuto l'acqua di ogni fontana e abbastanza birra trentina da volermi sedere a godermi gli spruzzi del Nettuno di Piazza del Duomo.
Alla mattina del giorno di rendez vous ci siamo incontrati alla stazione e abbiamo preso il treno insieme fino al paesino tra Bolzano e Merano da cui siamo partiti. Non farò una descrizione minuziosa di ogni esperienza dei 10 giorni, sarebbe lunga e noiosa. Parlerò delle mie sensazioni e delle cose che più mi hanno toccato, commosso e turbato.
Un gruppo di persone diverse tra loro, con approcci differenti al camminare in natura e nel modo di interagire con gli altri. Tutti maschi. Eravamo in 7, anche se due ci hanno poi lasciato al quinto giorno. Insieme a Lorenzo c'era Marco, che stava completando il suo tirocinio per diventare anche lui guida escursionistica. Un uomo pacato e positivo che ho imparato ad apprezzare nei giorni seguenti.
Facilitatore
La sfida principale per me è stata non isolarmi. Cosa non facile possedendo come già detto una natura piuttosto schiva e solitaria. Specialmente con sconosciuti e specialmente in un ambiente come la montagna. Però avevo anche il compito di proporre esercizi di riscaldamento, defaticamento, stretching. Sessioni di meditazione e di discussione sulla pratica e sulla natura della realtà. Senza alcun obbligo da parte dei partecipanti. Libertà assoluta di partecipare ad una parte o a tutto quello che avrei proposto nei giorni seguenti.
Ho preparato una serie di riflessioni che avrei proposto all'avanzare del viaggio. Una sorta di programma molto flessibile che si sarebbe adattato alla natura delle persone e alla loro sensibilità. Alcuni sulla preparazione fisica utile a chi fa hiking, altri sulla connessione mente corpo, altri su temi quali Buddhismo e stoicismo. Ho tenuto conto anche della stanchezza, della noia dei partecipanti, della voglia magari di riposare a fine giornata, o del desiderio di stare per conto proprio in certi momenti.
L'idea prima di tutto era di non comportarmi da insegnante, non essendo un corso di parkour. Ma da facilitatore, una figura a metà strada tra un compagno di classe con più esperienza e un docente.
L'essere in un ambiente come quello della montagna, in una valle deserta circondata solo da cime, torrenti e sassi ha amplificato nelle persone l'interesse e l'attenzione a certi temi. La propensione all'ascolto. Il primo giorno l'ho lasciato scorrere e concludersi senza proporre nulla, per permettere a tutti di prendersi il proprio tempo. Nei giorni seguenti, in base ai fattori descritti sopra, ho proposto, quando camminavamo, riposavamo o mangiavamo tutti insieme seduti in cerchio, delle attività.
Lunghi giorni e piacevoli notti
E' sempre molto difficile per me descrivere questo genere di esperienze, perché ogni dettaglio mi sembra essenziale e perché come chi ha viaggiato sa bene, il tempo si dilata. Non sono stati 10 giorni nella natura selvaggia, ma settimane. La percezione si...allarga. Come miele che cola.
I panorami lentamente cambiano. Oggi siamo qua. Ieri eravamo là in fondo. Come è possibile?
il punto tenda del primo giorno. |
I primi 5 giorni
Questo permette, oltre a non farci diventare delle lumache unte e sudate, di potersi lavare nei torrenti senza inquinarli della crema spalmata sulla pelle. Questo accorgimento, come molti altri (anche il sotterrare la propria cacca facendo un buco con una paletta da ricoprire quando finito) fa parte di di alcuni princìpi importanti da usare in natura, soprattutto ad alte quote dove la decomposizione della materia organica è lenta se non quasi assente. Sono i princìpi del "leave no trace" e servono a permettere a tutti di vivere e godere dell' ambiente che si attraversa lasciando la minore traccia possibile.
Fame
Ferite casuali, letti che profumano di menta e caffè
o in meravigliose valli brulle. Che gli altri sentivano ostili e io più ospitali della mia stessa casa.
Le mie notti di sonno migliori le ho fatte proprio in queste lande desolate. Tornando ad avere pochi, semplici bisogni. Cibo, Acqua, Riposo, Calore. Mi fermo su quelli che sembrano solo dettagli proprio perchè nella nostra vita quotidiana queste cose sono scontate, mentre dal secondo o terzo giorno si inizia a capire che sono TUTTO. A casa apriamo il rubinetto e abbiamo acqua pulita infinita, in bagno carta igienica infinta e acqua per il bidet. Apriamo il frigo e il nostro problema è cosa mangiare, non SE mangiare. Questa è la bastevolezza. Apprezzare l'essenziale. La notte del secondo giorno, sotto il Mandelsplitz, mi sono ritrovato stupidamente a sorridere nel buio mentre mi lavavo il sedere con dell'acqua gelida, in un torrente, sotto una stellata assurda. Gli altri dormivano. Io mi sono sentito completo laddove un altro si sarebbe sentito miserabile.
Fino quando al tramonto del quarto giorno abbiamo deciso di fare una pausa caffè in una malga e li io ho deciso di meritarmi una doccia calda e un letto, cosa che una volta non avrei mai fatto, tutto rivestito del mio codice morale farlocco che mi avrebbe fatto sentire in colpa. Peccato che ormai mi ero abituato a dormire per terra e ho dormito pochissimo, pur essendo il letto morbidissimo e con le lenzuola che profumavano addirittura di menta. Il sogno di chiunque. Eravamo a 2100 metri e anche gli altri hanno in realtà dormito male quella notte nelle loro tende fuori dalla malga. Troppo caldo.
La mattina successiva ci siamo alzati alle 4 e 30 perchè per la tarda mattinata davano pioggia e volevamo sfuggirle. Quindi abbiamo fatto una rapida colazione alla luce delle torce frontali e abbiamo affrontato immediatamente la ripida salita al passo che ci avrebbe fatto scavalcare il passo Palù a 2400 e poi avanti e sempre più in alto, fino ad un passo senza nome a 2900 mt che ci ha dato il benvenuto nella bellissima val di Rabbi con vista sulla val d'Ultimo.
Certe mattine, come quella, le gambe erano pesanti. Di legno. Maledetti macigni, motori ingolfati che non vogliono saperne di partire. Non è sempre tutto poesia e contemplazione. Spesso le gambe fanno davvero male, i muscoli trapezi cercano di combattere il peso dello zaino che tira giù le spalle rimanendo dolorosamente contratti per ore. Le piante dei piedi dolgono per tutti i km ma anche perchè le mie scarpe erano alla fine della loro vita, stanche e bisognose anch'esse di riposo. In altri momenti si andava forte e i piedi volevano in quelle valli silensiose. Luoghi impervi. Si entrava e si usciva dalle nuvole. Si raccoglie acqua, si mangia una barretta camminando. Il mio grande dispiacere per tutto questo trekking è stato non avere il tempo di fermarmi a contemplare. Ma capivo che c'era una tabella di marcia da rispettare, essendo in gruppo. Si faceva giorno e ho osservato il sole sorgere su Cima Sternai 3443 metri. Una piramide di roccia di varie sfumature di rossi che la facevano sembrare un pò il Vinicunca, la montagna arcobaleno peruviana. Ossido di ferro, manganese, granito.
Poi abbiamo pranzato in un rifugio e appena abbiamo finito si è messo a piovere. siamo rimasti fuori ad ascoltare la pioggia sotto una tettoia mentre tutti si riparavano all'interno. Nello stretto spazio asciutto mi sono steso e ho dormito per qualche minuto, col braccio piegato a far da cuscino.
Cima Sternai. |
una della valli del mio cuore, dove non mi sono potuto fermare quanto desideravo. |
Tutti gli altri giorni. Le alte quote.
Col tempo si ri-impara ad apprezzare un bene come l'acqua, nulla è regalato. Nulla, accendendo un interruttore o aprendo un rubinetto.
E' preziosa la possibilità di raccogliere l'acqua dei torrenti ( è necessario cercare dell'acqua pulita e lontana da deiezioni animali, sedimenti o inquinanti).
Ognuno raccoglie la propria, la filtra, la beve o la usa per lavarsi o per cucinare. Per lavare le proprie stoviglie, i denti, i calzini da usare il giorno dopo. Far bollire dell'acqua per una tisana, per farsi una minestra. Al quinto giorno era anche troppa.
Ha piovuto tutto il giorno e ne abbiamo approfittato per riposare in un piccolo bivacchino dove abbiamo solo riposato, chiacchierato, mangiato e dormito. Una sofferenza per chi non è abituato a stare fermo.
Dal settimo giorno abbiamo iniziato a salire sul serio. Valli davvero impervie, senza neanche più le indicazioni dei sentieri. Sopra i 2700 metri abbiamo notato il colore dell'acqua del torrente cambiare e Lorenzo ci ha detto di caricarci di tutta l'acqua di cui avremmo avuto bisogno per quel giorno, almeno 2 litri e mezzo ciascuno.
Risalendolo il torrente si è lentamente trasformato in un ruscello in pendenza, poi in cascata e le rocce che bagnava erano biancastre. Strano. Nel frattempo è comparsa sopra di noi una famiglia di stambecchi.
Risalendo ancora siamo arrivati a uno spettacolo surreale e silenzioso.
Il laghetto dalla bellezza misteriosa e quasi inquietante.
Un senso di euforia mi ha preso quando per ultimo, in coda alla fila, l'ho visto.
Oltre i 3000
Il canalone |
Poco dopo abbiamo incontrato una pietraia veramente infame, con sassi grossi come una piccola auto che ballavano. E oltre è iniziato il tratto più tecnico di tutto il trekking. Un canalone largo 2 metri fatto di sfasciumi e ghiaia che franavano. In quell'occasione la maledetta via ferrata fatta con Perez qualche anno fa (che negli ultimi 30 metri era franata e quindi in quell'occasione fummo costretti a fare arrampicata libera) si è rivelata utile, facendomi sembrare quel canalone una passeggiata. Così dopo aver chiesto il permesso alla guida di poter andare avanti me lo sono fatto praticante di corsa, arrampicando agilmente fino in cima mentre gli altri si aiutavano a vicenda per superare i punti critici.
Arrivato in cima ho potuto prendermi del tempo. Tempo per rimanere turbato.
Quella bellezza era esattamente Wabi-Sabi.
Alla fine di quel giorno ci siamo accampati al limite di un paese, per poi scendere ancora un pò per regalarci una pizza che ci è stata consegnata direttamente nell'ultimo posto tenda di questo viaggio... nel campo da calcio di un paesino. Terreno morbido e pianeggiante. Quella notte ho dormito poco, agitato da strani sogni tristi e romantici. Però stavo bene. Ero arrivato a macinare tappe da 24 km con 1600 mt di dislivello. Le gambe si stavano abituando.
La mattina dopo ci siamo incamminati con la consapevolezza di puzzare come delle carogne e di dover smontare le tende per l'ultima volta. Pochi km dopo eravamo nel paese. Ho imparato tanto su di me in questo breve e lungo viaggio, così intenso per noi. Mentre al di fuori il mondo viveva dieci normalissimi giorni per noi il tempo era dilatato. Abbiamo tratto lezioni da ogni particolare che Lorenzo ci ha insegnato sull'acqua, sui cibi da portare, su come comportarsi con vipere e altri animali, su come trattare le vesciche, come camminare meglio. Questo mentre facevamo gli ultimi kilometri su un sentiero dolce che scendeva verso il paese finale. Infine strade asfaltate, rumore, smog. Nella grande ragnatela di binari che segnano il nord Italia ognuno ha preso la sua strada per tornare a casa, portandosi dentro la propria lezione.
Mi mancano già le montagne.
Che esperienza... è stato bello questo modo di spiegarlo, hai reso perfettamente tutto ciò che hai vissuto e provato come se fossimo lì anche noi, nel bene e nel male.. che esperienza meravigliosa
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